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Via libera dell’Eurocamera alla direttiva su case green

da | 14 Mar 2023 | Meccanica ed efficienza energetica

La Commissione europea prevede dal 2028 nuovi edifici a emissione zero. Ma dal Governo italiano sorgono perplessità per la mancata comprensione del contesto italiano.

Con 343 voti favorevoli, 216 voti contrari e 78 astenuti dall’Eurocamera arriva il via libera alla tanto contestata direttiva sulle case green per l’efficienza energetica degli edifici in tutta Europa che prevede dal 2028 nuovi edifici a emissioni zero. Ma l’approvazione di oggi –che incassa un deciso no del Governo italiano– non permette l’entrata in vigore del provvedimento della Commissione, perché il testo, ora, sarà oggetto del negoziato finale tra Consiglio Ue e esecutivo europeo prima di tornare in Plenaria. “Abbiamo visto che vince la ristrutturazione con forza, degli edifici. Ora rinvio in testo in Commissione per i negoziati istituzionali”, ha annunciato in Aula il relatore (membro dei Greens) Ciarán Cuffe.

Il testo approvato oggi comunque resta in sostanza quello approvato dalla Commissione industria secondo il quale gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, D entro il 2033 per gli edifici residenziali. Per gli edifici non residenziali invece e per quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).

Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano gli immobili in Italia, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro. Gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche (ad esempio sotto forma di lavori di isolamento o rinnovo dell’impianto di riscaldamento) dovranno essere effettuati – come si legge nella direttiva – al momento dell’ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell’edificio. I Paesi Ue stabiliranno le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione. La direttiva affronta anche il capitolo bonus edilizi. Gli Stati membri – si legge ancora sul testo – non offrono più incentivi finanziari per l’installazione di caldaie individuali che usano combustibili fossili”. Quindi, saltano gli incentivi per le caldaie a gas ma resta aperta la possibilità delle agevolazioni per gli impianti di riscaldamento a combustibili fossili i sistemi di riscaldamento ibridi (pompa di calore e caldaia a condensazione) e le caldaie certificate per funzionare con combustibili rinnovabili (come l’idrogeno o il biometano).

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I deputati sostengono che i piani nazionali di ristrutturazione prevedano regimi di sostegno per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti. Gli Stati membri dovranno allestire punti di informazione e programmi di ristrutturazione neutri dal punto di vista dei costi. I regimi finanziari dovranno prevedere un premio cospicuo per le cosiddette ristrutturazioni profonde. Tra le deroghe, la nuova normativa non si applica ai monumenti, e i Paesi Ue avranno la facoltà di escludere anche edifici protetti in virtù del loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.

La direttiva incassa comunque il no del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto che sostiene come l’Italia continuerà a battersi “a difesa dell’interesse nazionale”. “Non mettiamo in discussione gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio, che restano fondamentali. Manca però in questo testo una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugio’ delle famiglie italiane”. “Individuare una quota di patrimonio edilizio esentabile per motivi di fattibilità economica – prosegue Pichetto – è stato un passo doveroso e necessario, ma gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese”. “Nessuno – chiarisce il Ministro – chiede trattamenti di favore, ma solo la presa di coscienza della realtà: con l’attuale testo – prosegue – si potrebbe prefigurare la sostanziale inapplicabilità della direttiva, facendo venire meno l’obiettivo ‘green’ e creando anche distorsioni sul mercato”. “Forti anche della mozione approvata dal nostro Parlamento – conclude Pichetto – agiremo per un risultato negoziale che riconosca le ragioni italiane”.

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