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Superbonus, per Rpt senza la cessione del credito non ha possibilità di sopravvivere

da | 15 Feb 2022 | In evidenza, Notizie

Il mercato del Superbonus senza lo strumento della cedibilità del credito non ha alcuna possibilità di sopravvivere. A dirlo la Rete delle professioni tecniche ascoltata ieri in Commissione Bilancio del Senato nell’ambito delle audizioni in merito al cosiddetto Decreto Sostegni Ter. Le professioni tecniche nel corso dell’audizione hanno ricordato come lo scorso 21 gennaio il Consiglio dei Ministri abbia dato il via libera al decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, recante, tra le altre cose, l’articolo 28 che modifica la disciplina dello sconto in fattura e della cessione dei crediti d’imposta in materia edilizia ed energetica, escludendo la facoltà di successiva cessione a favore dei primi cessionari. La RPT ha fatto presente alla Commissione che questa decisione rischia di eliminare, o comunque ridimensionare notevolmente, il mercato del Superbonus che, senza lo strumento della cedibilità del credito, dunque senza il supporto del sistema bancario, non ha alcuna possibilità di sopravvivenza. Per questo la Rpt ha proposto un emendamento al decreto mirato a ripristinare la cedibilità del credito per tutelare migliaia di imprese, professionisti e centinaia di migliaia di lavoratori che hanno confidato nella misura in questione per investire e credere ancora nella possibilità di intervenire nel mercato edilizio, messo a dura prova da una crisi più che decennale.

La RPT ha contestato innanzitutto la ratio del provvedimento. Limitare la cessione del credito nel timore che si possano realizzare delle frodi sarebbe come limitare il transito nella rete autostradale per evitare violazioni dei limiti di velocità. Al di là di questo, i fatti evidenziano come nessuna delle ipotesi di irregolarità finora manifestate dall’Agenzia delle entrate abbia avuto un vaglio definitivo da parte dell’Autorità Giudiziaria, unica abilitata nel nostro ordinamento ad accertare l’esistenza o meno di reati. Ne deriva che, allo stato, non vi è la certezza assoluta di frodi in maniera rilevante, nell’utilizzo del Superbonus.

Questo, peraltro, è confermato dal fatto che gli stessi dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, aggiornati al 31 dicembre scorso, attestano che solo il 3% del totale delle presunte frodi (per un importo di 132 milioni di euro) può ricondursi al Superbonus, che in termini assoluti rappresenta però oltre il 34% degli incentivi dal 2020.

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Questo evidente paradosso si spiega con i numerosi controlli ed obblighi connessi al Superbonus, definiti nelle norme previste dagli artt.119 e 121 del  Decreto Rilancio, anche con le modifiche successive, e quindi con l’attività essenziale di controllo preventivo offerto dai professionisti tecnici e contabili, con le asseverazioni ed i visti di conformità, coperti obbligatoriamente da assicurazione specifica a garanzia totale dell’impegno dello Stato, nonché con la maturazione del credito di imposta (e quindi della possibilità di cessione) solo a seguito di stati d’avanzamento dei lavori certificati dai professionisti, sempre rintracciabili in quanto iscritti negli Albi unici tenuti dai rispettivi Consigli Nazionali e immediatamente consultabili.

Quanto alla cessione successiva del credito, è evidente che la possibile frode nasce dal credito originario e dalla sua legittimità, che nei casi di Superbonus, sottolinea ancora la Rpt è altamente controllata da norme anche precedenti al Decreto antifrode. Le successive cessioni, se relative al credito legittimo, manterranno ovviamente tale condizione. Infine la Rpt ritiene essere giunto il momento di riflettere seriamente sulla possibilità di adottare la misura del Superbonus 110% in maniera stabile e strutturale. Nello specifico, propone di prevederne l’applicabilità per un periodo di almeno 20 anni, fatte salve le necessarie considerazioni relative alla sostenibilità.

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