Affaticamento, problemi respiratori e disfunzioni cognitive sono tra i primi tre sintomi più debilitanti nei lavoratori colpiti dalla sindrome del long Covid
Gli apparati che risentono maggiormente delle conseguenze del perdurare delle limitazioni fisiche nella popolazione dei lavoratori (fino all’85%), sono quello muscoloscheletrico, cardiovascolare, gastrointestinale, polmonare nonché sintomi neuropsichiatrici.
Lo rivela un documento dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro che illustra le difficoltà nella prevenzione e nella gestione della sicurezza sul lavoro e dei rischi per la salute connessi alla sindrome del long Covid. Una sindrome che può avere un impatto fortemente negativo sui lavoratori e sui luoghi di lavoro. Difficoltà respiratorie, stanchezza, mal di testa nonché problemi di memoria e concentrazione sono segnali che possono durare settimane o addirittura mesi con i datori di lavori che si trovano in difficoltà quando, lavoratori che ricoprono una posizione chiave non riescono a tornare pienamente operativi; e pertanto possono rivelarsi necessari adeguamenti sulle modalità operative di lavoro. Il documento dell’Agenzia Europea delinea le difficoltà relative alla prevenzione e alla gestione dei rischi di SSL correlati e presenta possibili misure a livello di politiche, ricerca e attuazione per ridurne l’impatto. Sottolinea, inoltre, l’importanza di affrontare tali questioni per proteggersi in caso di eventuali pandemie in futuro.
Secondo quanto riportato nel documento la mancanza di respiro può essere dovuta a cicatrici dei polmoni, che possono causare una riduzione permanente delle funzioni dei polmoni o respirazione affannata: sindromi che, tuttavia, possono essere facilmente curabili e superabili. In entrambe le situazioni, però, ci sono chiaramente dei limiti per la capacità dei lavoratori di ottemperare a sforzi fisici, soprattutto se sono presenti anche sintomi muscolari. Alcuni lavoratori possono presentare, inoltre, un’infiammazione del muscolo cardiaco (miocardite) o addirittura possono avere avuto un attacco cardiaco, in grado di incidere anche sulla loro capacità di svolgere attività fisica.
In alcuni di questi individui si può addirittura verificare un aumento della frequenza cardiaca rispetto al livello normale di circa 70 battiti al minuto fino a livelli di 100-140 battiti al minuto. Un’ulteriore complicazione della sindrome da long Covid può essere la tachicardia ortostatica posturale (POTS), che combina la difficoltà a stare in piedi a causa di un improvviso calo della pressione sanguigna con un battito cardiaco accelerato e una sensazione di profonda stanchezza. Questi sintomi possono essere episodici ma nei lavoratori, è richiesta comunque un’ulteriormente valutazione e una consulenza da parte del medico del lavoro. Inoltre, un altro sintomo comune (che si verifica in circa il 10% dei lavoratori) è la cosiddetta condizione della “nebbia del cervello”, un disturbo neurocognitivo effetto dell’infezione da Covid-19. Quando un lavoratore ha difficoltà di concentrazione e memoria, di solito, si tratta di un effetto temporaneo. Dove non ci sono stati danni permanenti agli organi, gli effetti del long Codi sono destinati a diminuire e a scomparire con la salute del lavoratore che tornerà alla normalità.
Lo sviluppo della sindrome del long Covid può essere un’esperienza traumatica per i lavoratori che, prima della malattia, erano particolarmente attivi e, come conseguenza di questo stato di disagio, possono verificarsi situazioni di ansia e depressione. Il trattamento di questi stadi più richiedere il ricorso ad una terapeuta o, addirittura, nei casi peggiori, all’utilizzo di farmaci.
Di fronte a tutte queste possibili implicazioni per la sicurezza e la salute sul lavoro dei lavoratori il principio della consapevolezza da parte del datore di lavoro sullo stato di salute del lavoratore, diventa così, fondamentale. Una consapevolezza che lo porterà ad adottare tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, anche in relazione alla sicurezza degli altri lavoratori, come potrebbe essere nel caso di conducenti, operatori di processo, operatori di macchinari pesanti e così via. Ciò dovrà essere fatto, principalmente, attraverso l’adeguamento dei compiti e la modifica dei compiti.
Per tutti questi motivi, per il datore di lavoro, è importante ridurre al minimo i rischi di infezione e reinfezione sul posto di lavoro. Il virus SARS-CoV-2 cambia frequentemente la sua infettività e tutti i luoghi di lavoro dovrebbero effettuare una valutazione dei rischi preventiva istituendo adeguate misure di controllo. Altrettanto importante, la formazione periodica dei lavoratori. Inoltre, ove necessario, la valutazione del rischio dovrebbe essere intrapresa per i lavoratori che hanno condizioni di base che li rendono più vulnerabili. Rispetto a questo scenario, l’EU-OSHA ha pubblicato due guide pratiche (una per i lavoratori e una per i datori di lavoro) per aiutare i dipendenti a tornare al lavoro dopo aver contratto il Covid in forma acuta o per coloro i quali soffrono di sindrome da long Covid. Le guide illustrano le diverse fasi: da come prendere contatto con il dipendente, organizzando un ritorno graduale a come discutere gli adeguamenti alle mansioni e ai programmi di lavoro.