Riparte la discussione sul DdL al Senato
Archiviata la «pausa» dei lavori parlamentari per lo svolgimento delle elezioni regionali in Lazio e Lombardia, ieri e oggi, nella Commissione Giustizia del Senato riparte la discussione sul disegno di legge relativo all’equo compenso per le prestazioni effettuate dai liberi professionisti.
E, a quanto si apprende da ambienti della maggioranza di centrodestra (a partire dalla relatrice, la senatrice leghista Erika Stefani), l’intenzione è di licenziare il provvedimento il più velocemente possibile, senza effettuare, in questa fase, alcuna correzione.
La strada, dunque, appare tracciata già, a seguito del varo del testo di FdI-Lega, il 25 gennaio scorso, da parte dell’Aula della Camera: il voto unanime espresso dai deputati (253 voti «sì» e nessuno contrario) sembra, infatti, il preludio di un percorso altrettanto lineare nell’altro ramo del Parlamento.
ProfessionItaliane, Adepp e Confprofessioni
A seguire, come indicato nel testo che ProfessionItaliane (l’organismo che riunisce Ordini e Collegi, fra cui quello dei periti industriali e dei periti industriali laureati), l’Adepp (l’Associazione delle Casse di previdenza ed assistenza private e privatizzate) e Confprofessioni (la Confederazione dei sindacati degli esponenti di varie categorie di lavoratori autonomi ordinistiche) hanno sottoposto il 2 febbraio al ministro del Lavoro Marina Calderone, potrebbero essere praticati dei correttivi; il documento, infatti, partiva dall’assunto che viene valutata «positivamente la volontà politica di approvare, in brevissimo tempo», il progetto di legge che è stato prontamente trasmesso a palazzo Madama, per la seconda lettura.
Cosa dicono Ordini e Collegi, Enti previdenziali ed associazioni
Malgrado ciò le parti sono in «pressing» per un «restyling» migliorativo della disciplina sulla giusta remunerazione da realizzare, però, in un secondo tempo, quando cioè, il testo del centrodestra sarà stato definitivamente licenziato dalle Camere. E ciò perché, recita il dossier dei professionisti lasciato nelle mani di Calderone, «l’equo compenso è un diritto soggettivo del professionista e rappresenta una tutela a suo favore nei confronti dei committenti forti.
In tal senso è congegnato l’intero sistema normativo, che, non a caso, prevede che la relativa azione giudiziaria competa al solo professionista parte lesa. Pertanto, si propone la modifica della norma sull’adozione di norme deontologiche riferite all’obbligo dei parametri dei compensi riconducendole al rispetto delle norme generali di codice civile (art. 2233) sull’adeguatezza all’importanza dell’opera e al decoro della professione», hanno messo in luce i vertici di Ordini e Collegi, Enti previdenziali ed associazioni.
Il capitolo saliente del disegno di legge riguarda, va ricordato, il vincolo di riconoscere un equo compenso da parte delle imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie), ma anche delle aziende con più di 50 dipendenti, o con un fatturato di oltre 10 milioni di euro, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico al professionista.
E pure la cosiddetta «nullità delle clausole» che aggirano le norme sulla congruità dei pagamenti, così come qualsiasi patto che vieti al professionista di pretendere acconti in corso d’opera, e che attribuisca, invece, al suo cliente dei «vantaggi sproporzionati».
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