La riforma fiscale in Aula alla Camera, mentre dal terzo settore si segnalano «difficoltà» nel Pnrr
La settimana si apre all’insegna del debutto, in Aula, alla Camera, della riforma fiscale: oggi, infatti, il provvedimento che opererà un restyling del sistema tributario italiano (con novità anche per il segmento dei liberi professionisti), voluto dal governo di Giorgia Meloni e curato (passo dopo passo) dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, sbarca nell’emiciclo, a seguito del lavoro effettuato dai deputati, in Commissione Finanze, nei giorni scorsi.
Ad essere stato modificato è quasi la metà degli articoli del provvedimento (fino al 13 su 20); in base alle intese prese a livello parlamentare, sarà, poi, la commissione Finanze del Senato ad intervenire sui successivi capitoli della legge delega.
A seguito dell’esame di palazzo Madama si prevede l’ultima lettura a Montecitorio e il via libera prima dell’estate: la «road map» così strutturata (e serrata), ha specificato il numero due del dicastero di via XX settembre, rendere possibile «elaborare i testi dei decreti legislativi dopo il mese di agosto», così che «alcune di queste norme possano entrare in vigore dal primo gennaio 2024».
Menzionando le parole d’ordine «certezza, semplificazione e lotta all’evasione» delle tasse, Leo ha messo in evidenza come una parte rilevante delle novità sia già stata, comunque, affrontata alla Camera, quella, cioè, concernente l’alleggerimento del carico fiscale su tredicesime e straordinari, il superamento del superbollo auto a «costo zero» per lo Stato e l’acconto di fine anno a rate per gli autonomi.
Quel che ha tenuto a precisare il viceministro è che «non dobbiamo abbassare la guardia sulla lotta all’evasione», bensì far partire un differente paradigma, giacché per quanto attiene ai soggetti di minori dimensioni «si potrà avviare un concordato preventivo biennale forti di tutti gli strumenti dell’amministrazione: banche dati, fatturazione economica, corrispettivi telematici, intelligenza artificiale».
E, ha aggiunto, con l’ausilio dei professionisti avviare un contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria, orientato a «stabilire il «quantum» che sarà assunto per il biennio successivo»; con tali sistemi, dunque, si andrà ad agire «ex ante» e «dare certezza al contribuente».
Nel frattempo, un rapporto sul terzo settore, illustrato oggi, a Roma, pone l’accento su come stiano procedendo le misure che il governo sta delineando nel quadro del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) siano dedicate – con più, o meno successo – per le platee più «in affanno».
Sui circa 1.45 miliardi che l’iniziativa di matrice comunitaria destina, attraverso tre misure, alla categoria di persone fragili (in particolare anziani non autosufficienti, persone con disabilità e senza fissa dimora), sono 1.32 miliardi quelli assegnati ai territori per la realizzazione di progetti. E, stando al documento, si apprende come sia «difficile individuare un’unica causa per la mancata attribuzione dei circa 133 milioni rimanenti, ma sicuramente a incidere molto è la difficoltà» a livello locale, nel Paese, nel presentare «un numero di progetti sufficienti.
Ancor più difficile, se non impossibile, è sapere quante delle risorse assegnate sono state poi erogate ai territori e, dunque, iniziare a monitorare l’impatto del Pnrr nelle comunità. La scarsa trasparenza sul Piano è, infatti, tra le principali criticità», viene messo, infine, nero su bianco.