Finalmente i liberi professionisti si vedono riconoscere un compenso equo per l’esercizio della loro attività professionale. Con il via libera di ieri al disegno di legge sull’equo compenso infatti si sancisce la tutela a quel diritto –più volte negato- di essere remunerati in proporzione, come dice la legge, alla “quantità e alla qualità del lavoro svolto” e al contenuto e alle caratteristiche dello stesso, almeno per le prestazioni a favore di grandi committenti e della pubblica amministrazione.
Si tratta di un traguardo importante, frutto di una mediazione e soprattutto di una battaglia che le categorie professionali hanno combattuto per anni e che segna un deciso cambio di passo nei confronti degli stessi professionisti. Del resto il principio secondo il quale ad ogni prestazione professionale debba corrispondere un compenso commisurato alla prestazione svolta, principio praticamente azzerato dalle famose “lenzuolate” Bersani nel lontano 2006, è alla base di un processo di pieno riconoscimento della dignità dei lavoratori autonomi.
Certo è che anche questo provvedimento, come molti altri, è perfettibile e sarà oggetto di confronto con la politica per portarne i necessari miglioramenti. Il nostro auspicio resta per esempio quello che le tutele in esso contenute possano ulteriormente estese, come per esempio quella di applicarlo verso tutti i committenti e non solo alle imprese o aziende con più di 50 dipendenti, o con un fatturato di oltre 10 milioni di euro, o come anche il chiarire le modalità di applicazione alle pubbliche amministrazione, nel rispetto del Codice dei Contratti.
Ma una cosa è certa: l’equo compenso è, per i liberi professionisti, da ora in poi un principio ineludibile posto alla base della dignità di qualunque lavoratore. E non è poco.