Rallenta (ancora una volta) l’iter dell’equo compenso: in Commissione non prima del 14 giugno

da | 30 Mag 2022 | In evidenza

Comunità energetiche 2023

I lavori dell’Aula (che non possono essere disertati) e le (imminenti) elezioni amministrative nella nostra Penisola (fissate per domenica 12 giugno) fanno slittare l’esame del disegno di legge sull’equo compenso per le prestazioni libero-professionali, in Commissione Giustizia, al Senato: il presidente dell’organismo parlamentare, l’esponente della Lega Andrea Ostellari, infatti, ha reso noto che non sarà possibile vagliare il testo varato in prima lettura alla Camera nell’ottobre 2021 (a prima firma della leader di FdI Giorgia Meloni, ma frutto dell’unificazione di altre proposte di deputati di Fi, della Lega e del M5s) prima della conclusione delle votazioni. Presumibilmente, perciò, la II Commissione di palazzo Madama tornerà a riunirsi martedì 14 giugno.

Com’è noto, sul provvedimento per «irrobustire» le norme sulla giusta remunerazione dei liberi professionisti italiani (rispetto alla legge del 2017, che inserì il principio nell’ordinamento, allargando, su iniziativa del Pd, il perimetro della tutela inizialmente prevista per gli avvocati dall’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando) è in corso un dibattito dentro e fuori le sedi parlamentari. Negli ultimi giorni, a quanto riferiscono alcune fonti di partito, sono in corso delle prove di accordo per cercare di non far finire il disegno di legge sul «binario morto»: da un lato il centrodestra mira all’approvazione senza modifiche, giacché un eventuale ritorno a Montecitorio in terza lettura potrebbe non avere un buon esito, a causa delle fine della XVIII Legislatura nel primo semestre del 2023, dall’altro il centrodestra batte sul tasto della necessità di realizzare una serie di modifiche per eliminare, tra l’altro, il comma 5 del’articolo 5 che stabilisce che gli Ordini e i Collegi professionali possano adottare disposizioni deontologiche per sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell’obbligo di concordare remunerazioni giuste e proporzionate alla prestazione richiesta.

Qualora, si apprende, le parti riuscissero a concordare uno snello «pacchetto» di emendamenti da varare, in Commissione Giustizia al Senato, e si sancisse l’impegno (sottoscritto dai capigruppo dei vari partiti) che alla Camera il testo non verrà cambiato, ma licenziato in tempi brevi (magari, in sede deliberante nella Commissione Giustizia della Camera), la disciplina sull’equo compenso potrebbe terminare la sua corsa con successo.

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Resta ferma, nel frattempo, la posizione di ProfessionItaliane, che riunisce 23 Consigli nazionali degli Ordini (incluso quello dei periti industriali e dei periti industriali laureati), cui sono iscritti circa 2 milioni di lavoratori indipendenti: una recente lettera ai membri della II Commissione di palazzo Madama, a nome di presidente e vicepresidente Armando Zambrano e Marina Calderone, segnala che è «prioritaria e indispensabile» l’approvazione definitiva del testo «nella stesura attuale», essendo già stato «migliorato sotto numerosi aspetti», a partire dall’aggiornamento dei parametri con cui individuare i compensi alla rideterminazione dei corrispettivi non corrisposti, fino alla nullità delle clausole vessatorie e alla chance di intraprendere un’azione di classe da parte degli Ordini, recita la missiva.

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