Affrancarsi dalle importazioni energetiche russe, insieme all’attività di accoglienza dei profughi dall’Ucraina e ai negoziati con il Cremlino per il «cessate il fuoco», sta costituendo una delle priorità nell’agenda del nostro Paese. E anche dell’Unione europea. In un clima di crescente tensione per quanto sta avvenendo ad Est, il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ha usato, questa mattina, parole nette: «Noi importiamo dalla Russia ogni anno circa 29 miliardi di metri cubi di gas, poco più del 40%», che «vanno sostituiti: abbiamo condotto un’operazione estremamente anticipata e rapida e, entro la primavera inoltrata, circa 15-16 miliardi di metri cubi saranno rimpiazzati da altri fornitori», rispetto a quelli della Russia, aggiungendo che «stiamo lavorando con impianti nuovi, rigassificazione e contratti a lungo termine, rinforzo delle nostre infrastrutture e, ragionevolmente, in 24-30 mesi» tutto ciò «dovrebbero consentirci di essere completamente indipendenti». Nel corso di un’intervista televisiva, il ministro ha riferito, poi, che «se per qualche motivo, dovesse cessare completamente la fornitura dalla Russia, le nostre riserve attuali e il piano di emergenza ci darebbero un tempo sufficientemente lungo da arrivare alla stagione buona».
Per la metà del 2022, ha proseguito, «installeremo un primo rigassificatore galleggiante. Dal punto di vista ambientale, la quantità di gas è la stessa che bruciamo oggi, può cambiare il metodo, o l’infrastruttura, ma non ne bruceremo di più», ha precisato Cingolani. Nel frattempo, Bruxelles si prepara ad inserire nella dichiarazione di Versailles, che chiuderà il vertice dei leader Ue di giovedì e venerdì, parole chiare sull’autonomia energetica del Vecchio Continente: «Concordiamo – recita la bozza del documento – nell’obiettivo dell’eliminazione della dipendenza da petrolio, gas e carbone importati dalla Russia», mediante «la diversificazione delle forniture, l’accelerazione nello sviluppo delle rinnovabili, il miglioramento delle reti europee di gas e elettricità», nonché con «il rafforzamento del piano d’emergenza energetico».
Da Mosca, però, giungono affermazioni che suscitano preoccupazione: «Abbiamo tutto il diritto di prendere una decisione corrispondente e imporre un embargo sul pompaggio di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1», ha detto ha detto il vicepremier Aleksandr Novak, commentando l’ipotesi di un «embargo» inflitto al petrolio russo e la decisione tedesca di congelare l’autorizzazione del Nord Stream 2, il gasdotto gemello al primo che collega la Russia con la Germania.
Infine, una stima sugli effetti dei possibili tagli alle forniture energetiche sulle economie europee arriva da Goldman Sachs: se la Russia bloccasse tutte le esportazioni di gas naturale verso l’Europa, la crescita del Prodotto interno lordo (Pil) dell’area euro diminuirebbe di 2,2 punti percentuali nel 2022, rispetto alle previsioni precedenti al conflitto in Ucraina, «con impatti considerevoli in Germania (-3,4 punti) e in Italia (-2,6 punti percentuali)», scrivono gli analisi della banca d’affari internazionale.