Un emendamento al ddl incentivi prova a sanare la situazione tra Professionisti e aiuti pubblici, ma non ci riesce
In Senato, proprio in questi giorni, si sta discutendo il disegno di legge delega per la revisione degli incentivi (As 571). Un ddl corposo, che impegnerà le aule parlamentari e (soprattutto) il governo per parecchi mesi.
Ora, quindi, siamo alla fase dell’analisi dei criteri della riforma, che come spesso accade con le deleghe sono ampiamente condivisibili, altro discorso è poi vedere come questi siano tramutati in misure concrete dai decreti attuativi. Il passaggio in commissione del testo ha permesso di aprire nuovamente un tema di discussione, ovvero il rapporto tra professionisti e aiuti pubblici.
Un emendamento presentato da varie forze politiche (almeno la Lega, il Movimento cinque stelle e Forza Italia) mirava infatti a porre sullo stesso piano professionisti e imprese nella fruizione degli aiuti. Quindi, stessi sostegni a tutte le partite Iva, che siano lavoratori autonomi o imprenditori. L’emendamento, però, non ha passato il vaglio delle commissioni di palazzo Madama, visto che è stato accantonato. E alla base di questa decisione c’è una sola motivazione: i soldi.
Prevedere che, automaticamente, un sostegno pubblico valga sia per le imprese che per i professionisti significa aumentare e di molto le risorse economiche necessarie a garantire l’aiuto. Basta guardare i numeri; l’Italia è il paese europeo con il maggior numero di professionisti e, sebbene stime e conti varino a seconda delle fonti e dei criteri di qualificazione utilizzati nella rilevazione, parliamo di un universo di almeno 1 milione e mezzo di persone. Secondo l’Istat, le imprese attive in Italia sono oltre 4 milioni (dati 2020 pubblicati a luglio 2022).
Più di un quarto di realtà in più, quindi. Ovviamente, gli aiuti non vanno a tutte le imprese, visto che tendenzialmente sono destinati a quelle più piccole o a settori in difficoltà, ma questo cambia poco.
Prima di tutto, il discorso vale anche per i lavoratori autonomi. Inoltre, quasi il 95% delle imprese italiane ha meno di 10 dipendenti (il paese delle piccole-medie imprese, appunto).
In sostanza prendere una decisione del genere vuol dire alzare in maniera strutturale i costi pubblici. Strutturale, si, visto che ormai ogni anno qualsiasi esecutivo ci sia prevede delle forme di sostegno alle imprese, dai contributi diretti agli aiuti per le emergenze, passando per crediti di imposta e incentivi vari.
Bisogna, quindi, capire se ci sia la volontà e, soprattutto, la possibilità di fare questa scelta.