«L’acqua è cibo. Non lasciare indietro nessuno»: è questo lo slogan della Giornata mondiale dell’alimentazione 2023, che si celebra oggi, 16 ottobre, in oltre 150 Paesi, incluso il nostro
E che vuol rappresentare un momento di ampia riflessione sul sistema della diffusione di quanto è necessario al sostentamento della popolazione globale, alle prese (oramai, da anni) con gli effetti del cambiamento climatico sull’approvvigionamento delle risorse indispensabili per la sopravvivenza umana. La manifestazione principale si tiene alla Fao, l’agenzia Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, con sede a Roma, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma fino al 20 ottobre sono previste altre iniziative (tra cui il Forum della gioventù, grazie al quale le nuove generazioni si attiveranno per porre enfasi sulle cattive condizioni generali del sistema della distribuzione di cibo e acqua, con l’obiettivo di ampliare la consapevolezza sull’esigenza di andare verso un modo di vivere più sostenibile).
Nelle ultime ore sono stati messi in risalto i dati (allarmanti) su quanto sta avvenendo nel Pianeta: innanzitutto, come recita anche il tema della Giornata, i timori maggiori si concentrano sulle riserve idriche e sulla loro messa a disposizione delle persone, in tutto il mondo. In particolare, vi sono «2,4 miliardi di persone che vivono in Paesi con «stress» idrico», aree, cioè, nelle quali, segnala l’organizzazione delle Nazioni unite, «la scarsità d’acqua diventa una causa crescente di conflitti», una situazione in cui «vivono molti piccoli agricoltori, insieme a popolazioni indigene, migranti e rifugiati. Sono 600 milioni, inoltre, le persone che dipendono da sistemi alimentari basati soprattutto sull’acqua, e che devono difendere la loro fonte primaria di cibo da inquinamento, dal degrado e dagli impatti dei cambiamenti climatici», si sottolinea.
C’è, poi, da tener presente che, sulla Terra, solamente il 2,5% dell’acqua è dolce e, di questa, la maggior parte (72%) viene utilizzata per l’agricoltura. La Fao indica tre parole «chiave» per tentare di arginare le conseguenze del surriscaldamento globale e dei mutamenti del clima (che provocano siccità ed alluvioni, generando, comunque, danni alla gente e all’ambiente, con effetti finanziari rilevantissimi), ovvero «innovazione, investimenti ed educazione». Alla mobilitazione generale, si avverte, occorre che si affianchino politiche di investimento specifiche, tanto che l’agenzia Onu si spinge a sostenere che servirebbero «quasi 1.000 miliardi di dollari» per soccorrere un Pianeta in diverse zone assetato ed affamato.