Emendamenti ridotti da 3.000 a 500. Proteste nelle piazze Italiane promosse da Cgil e Uil
Debutta a Montecitorio la Legge di Bilancio per il 2023, non senza malumori per la «sforbiciata» alle proposte di modifica dei partiti (che restringono il raggio d’azione parlamentare). E, nel frattempo, la Cgil, insieme alla Uil, è pronta a far scattare le proteste nelle piazze italiane contro un testo che, a giudizio del sindacato, non risponde alle reali esigenze del Paese.
Quel che è certo, è che della mole di circa 3.000 emendamenti depositati da ogni formazione, ne restano 500 «segnalati» (con chance, cioè, di passare, all’interno della manovra economica); nelle ultime ore, in particolare, sono state limate le istanze, dovendo fare i conti con una dotazione, per le correzioni dei deputati, non elevata: si tratta di 400 milioni (quota che s’impenna fino a 700, se si include lo stanziamento per i ministeri), ma sono numerose le richieste. A partire da Forza Italia che, dopo un vertice ad Arcore con Silvio Berlusconi, insiste per portare a casa l’elevazione delle pensioni minime. Nessuna novità, per il momento, sulla questione del Pos, sia sulla soglia, sia sul «nodo» delle commissioni bancarie. Si deciderà – ribadiscono dal ministero dell’Economia e delle Finanze – solamente nel corso della settimana, e in base alle interlocuzioni con l’Unione europea, laddove il commissario europeo, Paolo Gentiloni, ha detto che, a livello comunitario, esiste «un ampio invito ad incentivare i pagamenti elettronici e la fatturazione elettronica. Si tratta di un impegno già preso dal governo italiano relativamente al Pnrr», il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Quanto alle sorti del Superbonus 110%, si è appreso che si terrà presto un confronto a Palazzo Chigi con i tecnici. I partiti di maggioranza, con Fi in prima linea, sono in «pressing» per una riapertura dei termini per le Cilas (la Comunicazione dell’inizio dei lavori in edilizia per l’efficientamento energetico, che dà il «la» ai cantieri nei quali si usufruisce dell’agevolazione) al 31 dicembre, se non a 15 giorni dopo la pubblicazione della manovra, mentre sullo sblocco dei crediti la soluzione resterebbe quella legata al pagamento degli F24. Ma nessuna strada, finora, appare certa.
Dei 200 emendamenti della maggioranza (90 di FdI, 54 della Lega, 40 di Fi e 20 di Noi Moderati) il partito di Matteo Salvini punta, tra l’altro, sugli sgravi dell’Iva sul pellet (ora al 22%) anche come strumento di contrasto alla crisi energetica mentre FdI batte sul tasto della sospensione del cosiddetto «payback», ovvero il sistema di tassazione per le aziende che producono dispositivi sanitari, che le obbliga a corrispondere quel che occorre a ripianare lo sforamento del «tetto» per le spese del comparto da parte delle regioni.
Al via, intanto, da oggi, una settimana di manifestazioni e scioperi promossi da Cgil e Uil organizzati a livello regionale «per cambiare una manovra sbagliata e contro il lavoro, per rivendicare una manovra più giusta per le persone e più utile per il Paese»; i sindacati, infatti, chiedono, tra l’altro, al governo di Giorgia Meloni di aumentare i salari detassando gli aumenti dei contratti nazionali, portando la decontribuzione al 5% per i salari fino a 35.000 euro e una riforma fiscale che rispetti il principio della progressività, con la tassazione degli extraprofitti che generi risorse per un contributo straordinario di solidarietà destinato alle fasce più bisognose della popolazione.