Intelligenza artificiale: una tecnologia dalle grandi potenzialità, ancora poco utilizzata dalle imprese italiane
Gli ultimi ritrovati dell’innovazione digitale, in particolare l’Intelligenza artificiale, non «sfondano» (ancora) nel nostro tessuto produttivo: ad oggi, stando a quanto emerso dalla recente Assemblea di Federmanager, a Roma, «è adottata dall’1,5% delle piccole imprese e dal 12% di quelle con più di 250 dipendenti», dunque «è concreto il rischio di accelerare la segmentazione e la diseguaglianza produttiva del nostro sistema imprenditoriale, tra piccole e grandi imprese, tra Nord e Sud, tra settori tecnologici e settori tradizionali», sono state le parole del presidente dell’organismo Stefano Cuzzilla.
Eppure, ha riferito, è «potente l’impatto dell’intelligenza artificiale sulle nostre vite. Non è un caso che a inizio novembre i leader di 29 paesi si siano incontrati a Londra per individuarne le opportunità, e soprattutto i rischi. E non è un caso che – ha sottolineato – appena tre giorni prima il presidente americano Joe Biden abbia firmato un ordine esecutivo con direttive precise per chi utilizza questa tecnologia». Il vertice dell’associazione dei capitani d’azienda ha affermato, poi, che «se lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale ci porterà a scenari di disoccupazione tecnologica oppure a nuovi lavori, è presto per dirlo. Certamente, dovremmo attrezzarci con nuove competenze che solo in parte possiamo prefigurare. Questa volta non si tratta di governare robot, o gestire l’automazione». E ciò perché, ha proseguito Cuzzilla, «l’Intelligenza artificiale è un nuovo paradigma, non è mera tecnologia. Questioni occupazionali, etiche, di privacy e di sicurezza nazionale impongono di considerare questa sfida oltre la dimensione economicistica».
Nel frattempo, come dichiarato dal ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso proprio all’Assemblea di Federmanager, la riprogrammazione, in sede comunitaria, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), «attraverso lo strumento del Repower-Eu», vedrà «la maggior parte dei fondi andare a sostegno delle imprese, per vincere la duplice sfida della transizione ecologica e digitale»; con quelle risorse, aggiunte a quelle già stanziate in Legge di Bilancio, ha fatto ancora sapere, «per quanto riguarda la transizione 5.0 pensiamo di destinare 12 miliardi nei prossimi due anni, 2024-2025, prima, quindi, della rendicontazione del Pnrr, che va fatta entro giugno 2026. Due anni decisivi – ha annunciato Urso – nei quali presteremo il massimo sforzo per sostenere il nostro sistema produttivo nell’ammodernamento tecnologico».
Nella giornata di ieri, infine, è stata illustrata la XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo «Tempi digitali» di Save the Children: nel documento si legge come l’Italia sconti ancora ritardi e carenze sulla strada per la transizione digitale, collocandosi al 18° posto tra i 27 stati membri dell’Ue rispetto alla digitalizzazione dell’economia e della società. Per quanto riguarda la connettività, in particolare, si osserva, le famiglie con accesso alla banda ultra larga a fine 2022 erano il 52% (dato significativamente aumentato rispetto al 2016, quando erano appena l’8%), con la provincia di Milano in vetta alla classifica (86,6%) e quella di Isernia, invece, in fondo (32,4%).