L’equo compenso non trova pace. La norma voluta dal Governo (legge 49 del 2023), in vigore da fine maggio rappresenta ormai il pomo della discordia tra gli ordini professionali
Gli Ordini professionali ne chiedono un’applicazione più estensiva e le associazioni datoriali, assicurative e bancarie (Abi, Assonime, Confindustria, Confcooperative e Ania) che al contrario in una nuova lettera all’esecutivo ne denunciano l’impianto stesso temendo “aumenti paradossali e indiscriminati” degli emolumenti per i lavoratori autonomi, paventando “un volume di costi insostenibile” e sollecitando al Governo un incontro urgente.
Appello accolto dal governo che ne ascolterà i malumori in un tavolo convocato il prossimo 12 settembre presso il ministero della Giustizia a cui parteciperanno anche rappresentanti del ministero delle Imprese e del made in Italy.
Le associazioni d’impresa in particolare segnalavano ancora nella missiva come a pochi mesi dall’entrata in vigore della stessa legge siano state evidenziate “alcune rilevanti distorsioni applicative, che rendono necessaria e urgente una riflessione sugli effetti di queste misure e sull’ambito applicativo della disciplina”. Secondo le associazioni “non è in discussione la ‘ratio’ di fondo della legge, ma le modalità con cui è stata declinata, che rischiano di dar luogo ad aumenti paradossali e indiscriminati di tutti compensi professionali, generando un volume di costi insostenibile per le imprese”. Inoltre aggiungono ancora vi sono “fondate argomentazioni per escludere dall’applicazione della legge sull’equo compenso l’incarico sindacale» che, “in termini di diritto societario, assume un ruolo ben diverso dal mero svolgimento di un incarico professionale regolato da una convenzione”, bensì debba esser ritenuto “una vera e propria funzione organica, necessaria a tutela di interessi collettivi tanto dei soci, quanto di terzi”.
E ai malumori del mondo imprenditoriale fa da contraltare quello degli ordini professionali che respingono al mittente l’idea di un restyling della norma che indebolirebbe le tutele pensate dal legislatore.
“Quella sull’equo compenso” dice il presidente dell’Associazione nazionale dei consulenti del lavoro (Ancl), Dario Montanaro che, una legge di civiltà che rende pienamente attuativo anche per i lavoratori autonomi quanto sancito dall’art. 36 della Costituzione”, ma “dall’entrata in vigore della norma non sono tardate critiche e dubbi sollevati dalle parti sociali in merito a infondate conseguenze che la sua applicazione avrebbe suscitato in futuro. Sembra sfuggire alle varie associazioni di categoria, e non solo” incalza ancora, “la ‘ratio’ della misura sull’equo compenso, quale strumento volto a garantire al professionista un compenso commisurato al valore della prestazione e una maggiore tutela verso clausole ritenute vessatorie ‘ex lege’ e comportamenti abusivi da parte di imprese che detengono un forte potere contrattuale”.
La richiesta delle associazioni preoccupa anche Matteo De Lise, presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili che in una nota sottolinea come “la norma sarà anche non perfetta, ma non deve essere messo in discussione il principio etico che fa in modo che i compensi dei commercialisti e in generale di tutti i professionisti siano corretti, adeguati e legittimi”.
“Quanto scritto da cinque fra le maggiori organizzazioni datoriali, assicurative e bancarie italiane”, aggiunge ancora, “segnala come non sia ancora evidente alla società civile italiana il ruolo fondamentale dei commercialisti e dei professionisti in ambito economico, fiscale e di supporto alle imprese e ai cittadini”.