Posizione di leardership nell’ambito della sicurezza sul lavoro
Dal 2012 gli infortuni si sono ridotti del 40% a parità di ore lavorate
All’industria della chimica l’oscar della sicurezza sul lavoro. Il settore, infatti, ha visto ridurre del 40% gli infortuni in 11 anni, a parità di ore lavorate. Gli investimenti sulla sicurezza sul lavoro rappresentano il 2% del fatturato annuo dell’intero comparto. È quanto si apprende dal 28° report annuale Responsabile Care, il programma mondiale di volontariato di promozione dello sviluppo sostenibile dell’industria chimica, presentato il 9 novembre a Rimini in occasione della fiera Ecomondo.
Il rapporto annuale
Secondo quanto emerge dal report, l’industria chimica “vanta da anni una posizione di leadership nell’ambito della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: l’incidenza degli infortuni nel settore è inferiore del 41% rispetto alla media manifatturiera”. Come già anticipato, dal 2010 il numero degli infortuni, a parità di ore lavorate, è diminuito del 40% e mostra un ulteriore calo (quasi il 12%) rispetto al 2019. “Segno che la sensibilizzazione dei dipendenti verso atteggiamenti sicuri e responsabili e alcune buone pratiche introdotte durante la pandemia, come la riorganizzazione delle modalità e degli ambienti di lavoro, hanno generato effetti positivi”.
“Questi risultati sono frutto di un ingente impegno economico delle nostre imprese, che investono per sicurezza, salute e ambiente mediamente oltre il 2% del fatturato annuo, pari circa a un quarto degli investimenti totali. Un impegno testimoniato anche dalla proficua collaborazione con Inail, in atto da oltre da 15 anni”, le parole di Paolo Lamberti, presidente di Federchimica, la Federazione che dal 1992 gestisce il programma Responsible Care® in Italia.
Il rapporto dimostra anche l’impegno del settore sul fronte del consumo energetico; rispetto al 1990, l’industria chimica ha migliorato la propria efficienza energetica del 60% a parità di produzione: “un risultato rilevante e ben superiore all’obiettivo fissato dalla Ue (32,5% entro il 2030)”. Ciò anche grazie ad “investimenti in cogenerazione, utilizzo di energie rinnovabili ed economia circolare”.
Nel contesto post pandemico, contrassegnato anche dall’esponenziale aumento dei costi energetici e delle materie prime, il settore ha comunque migliorato le prestazioni rispetto a tutti gli indicatori di sostenibilità ambientale: dal 1990 le emissioni dirette di gas serra si sono ridotte del 62% e le emissioni in atmosfera sono diminuite in media di oltre il 95%, grazie a miglioramenti di processo e prodotto e all’adozione di nuove tecnologie. È stato poi sensibilmente ridotto, a parità di produzione, il consumo di acqua (-44%), in particolare di acqua dolce (-56%), più pregiata in quanto indispensabile per gli ecosistemi. Diminuisce, infine, anche la produzione di rifiuti (-3,4% in un anno) e migliora la loro gestione: il riciclo è la prima modalità di trattamento ed equivale a quasi il 30% del totale.