Il Parlamento accende il semaforo verde sul provvedimento che dà il via alla costruzione del Ponte sullo stretto di Messina, mentre il governo continua ad adoperarsi per fornire aiuto alle popolazioni e alle aree funestate dal maltempo, in Emilia Romagna e Marche. Quanto alla prima iniziativa, il via libera è giunto dal Senato, e il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini ha parlato di «una decisione storica, definitiva, attesa da più di 50 anni», e quanto alla scelta di ripartire dal vecchio progetto del 2011, sarà questa che, ha precisato, «metterà al riparo dai contenziosi miliardari che pendono da anni sulle nostre teste»; inoltre, giacché «sarà il ponte di tutti gli italiani», il titolare del dicastero di piazzale di Porta Pia ha fatto sapere che si pensa ad un concorso di idee per dargli un nome.
Ma quali sono le caratteristiche dell’opera, stando al decreto licenziato dai parlamentari? Il testo innanzitutto riattiva la concessione alla Società Stretto di Messina, nata nel 1981 e messa in liquidazione dal governo di Mario Monti, e la trasforma in una società «in house», col ministero dell’Economia che detiene una quota di maggioranza del 51% e indicherà presidente e amministratore delegato, mentre vi sono partecipazioni anche di Rfi, Anas e delle Regioni Sicilia e Calabria, invece l’attività di indirizzo e vigilanza spetterà al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti che può indicare un commissario. A seguire, il decreto indica per l’approvazione del progetto esecutivo la data limite del 31 luglio 2024, però il Ponte potrebbe essere transitabile nel 2032, secondo quanto detto da Salvini. Quanto all’investimento, le più recenti stime parlano di 13,5 miliardi di euro, incluse le opere a terra.
Nel contempo, come accennato, l’emergenza post-alluvioni nei territori emiliano-romagnoli e marchigiani è all’attenzione del governo, che ha già varato misure e aiuti per «oltre due miliardi di euro», assegnando fino a 900 euro per le famiglie sfollate, come ha annunciato il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. Altre iniziative giungeranno dal nuovo Consiglio dei ministri delle prossime ore, ma c’è tensione, fra maggioranza e opposizione sul futuro commissario per la ricostruzione.
Dopo aver ascoltato il premier Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, con al fianco i sindaci e le parti sociali della regione, esprimendo soddisfazione per le prime risposte fornite dal governo, il presidente dell’Emilia Romagna e del Pd Stefano Bonaccini – da giorni candidato «in pectore» per assumere il ruolo del commissario, insieme all’esponente di FdI Galeazzo Bignami – ieri, a Bologna, in Consiglio regionale ha sostenuto che «servono risorse nell’immediato per ricostruire le strade, bloccare le frane, ripristinare gli argini. Bisogna fare queste cose prima dell’autunno, altrimenti non un evento straordinario, ma uno ordinario ci metterà nei guai. Con questi tempi e questi livelli di dettaglio è possibile che queste opere possano essere progettate, appaltate e realizzate da un commissario a Roma?», si è domandato.