I bandi per l’affidamento di incarichi a titolo gratuito sono legittimi. E’ in sintesi la conclusione a cui sono arrivati i giudici del Consiglio di stato con la sentenza n.07442/2021 appena pubblicata che ha stabilito come la Pubblica Amministrazione possa emettere bandi senza necessariamente prevedere una paga per il professionista. La vicenda prende il via dal ricorso, presentato dagli Ordini professionali forensi, contro un bando che richiedeva servizi di consulenza e il possesso di diversi titoli, tra cui la padronanza della lingua inglese, ma non prevedeva alcun compenso. Gli Ordini professionali forensi avevano ritenuto l’avviso illegittimamente lesivo, impugnandolo davanti al Tar.
I giudici del Tar hanno respinto il ricorso spiegando che la previsione della gratuità non contrasta con i principi in tema di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa e che non è dimostrato il nesso tra l’assunzione di un incarico gratuito da parte del professionista e il suo svolgimento in maniera non professionale, decorosa e dignitosa. Gli Ordini hanno quindi presentato appello al Consiglio di Stato, perdendolo nuovamente.
I giudici di Palazzo Spada, infatti, hano confermato l’interpretazione del Tar sottolineando che nel quadro costituzionale vigente la prestazione lavorativa a titolo gratuito è lecita e possibile perché il “ritorno” per chi la presta può consistere anche in un vantaggio indiretto (arricchimento curriculare, fama, prestigio, pubblicità). Allo stesso tempo è necessario che l’azione amministrativa sia ispirata a criteri di imparzialità e oggettività, in modo che nel “nuovo mercato delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri”.
I giudici hanno affermato che “laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione l’ulteriore (e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto (a meno di non sostenere, anche in questo caso, che non vi possa essere alcuno spazio per la prestazione di attività gratuite o liberali da parte dei liberi professionisti)”. Il CdS ha concluso affermando che l’attenzione del legislatore al tema dell’equo compenso serve per tutelare i liberi professionisti, che operano fuori dagli schemi dei contratti di lavoro dipendente, ma è riferita solo ai casi in cui è previsto un compenso.