Per l’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti «placet» (unanime) del Senato, ora torna al vaglio della Camera
Il disegno di legge sull’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti (frutto dell’unificazione di progetti normativi di FdI e della Lega) ha incassato stamattina il via libera unanime dell’Assemblea del Senato; il testo, però, dovrà rientrare alla Camera, in terza lettura, a causa della (necessaria) correzione di un errore nel provvedimento che era stato trasmesso a palazzo Madama dalla Camera, che ricalcava quello che aveva sfiorato l’approvazione nella XVIII Legislatura.
L’iniziativa legislativa, infatti, comprendeva la citazione, all’articolo 7, dell’articolo 702-bis del codice di procedura civile che fino al 28 febbraio disciplinava il rito semplificato, e che, però, è stato soppiantato a partire dalla fine del mese passato, ovvero al momento dell’entrata in vigore della «riforma Cartabia», dagli articoli 281-decies e seguenti. In particolare, all’interno del provvedimento del centrodestra era stato scritto che «il parere di congruità emesso dall’Ordine, o dal Collegio professionale sul compenso, o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate», se «il debitore non propone opposizione innanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’articolo 702-bis del codice di procedura civile, entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista». È opportuno ricordare che la menzione dell’articolo 702-bis del codice di procedura civile era comparsa (e non è stata rivista) sin dalla passata Legislatura, mentre il disegno di legge è stato varato il 25 gennaio, un mese prima dell’entrata in vigore della «riforma Cartabia».
L’equo compenso «è una grande conquista: sancisce un principio fondamentale per garantire la dignità della attività dei professionisti, a volte contraenti deboli nei confronti di imprese dalla grande forza contrattuale come banche, assicurazioni, o Pubbliche amministrazioni” ed è “una riforma attesa da anni, con la quale riconosciamo il lavoro di tanti professionisti, che svolgono un ruolo importante nella società»: è il commento espresso subito dopo il voto dalla senatrice Erika Stefani, capogruppo della Lega in commissione Giustizia e relatrice del provvedimento.
Quanto alla collega del centrosinistra, la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, ha detto, invece, che il suo gruppo ha «votato favorevolmente al testo sull’equo compenso perché si tratta di un provvedimento atteso da tempo dai professionisti, a partire da quanto fatto dal ministro Andrea Orlando nel 2017. Segnaliamo, però, una inspiegabile chiusura della maggioranza, nonostante l’approvazione di ordini del giorno che vanno nella stessa identica direzione, ad alcuni emendamenti che noi avevamo proposto. Parliamo in particolare della questione delle sanzioni e dell’allargamento della portata della norma a tutti i professionisti, miglioramenti richiesti proprio dal mondo delle professioni. Considerato che il provvedimento dovrà in ogni caso tornare alla Camera per l’approvazione definitiva, reputiamo ancora più inspiegabile questa chiusura. Ecco perché riproporremo queste misure in un prossimo provvedimento», ha chiuso.