L’Equo Compenso è un diritto irrinunciabile. Per questo tutte le categorie professionali aderenti a ProfessionItaliane contestano le iniziative promosse contro l’applicazione dell’Equo Compenso, tra cui una recente di importanti associazioni italiane di imprese, cooperative ed istituti bancari, che hanno nei giorni scorsi inviato alla Presidenza del Consiglio e ai principali Ministeri una lettera fortemente critica nei confronti della Legge 49/2023 (cd. Equo Compenso) chiedendo interventi urgenti per limitarne l’applicazione. In una fase storica in cui la tutela della dignità, qualità e giusta remunerazione di ogni forma di lavoro deve essere posta al centro delle politiche in materia, non può non rilevarsi come la legge 49 del 2023, fortemente voluta dai professionisti italiani, per molti anni in passato penalizzati da improvvidi provvedimenti normativi, costituisca un importante strumento finalizzato proprio ad evitare che la “libera contrattazione” nei confronti dei cosiddetti contraenti forti (molti dei soggetti facenti parte delle associazioni firmatarie della missiva) si risolva in danno dei professionisti.
La legge in questione prevede semplicemente un compenso giusto ed equo, in molte – non tutte – le ipotesi in cui un professionista è chiamato a svolgere le sue prestazioni a tutela, soprattutto, della qualità delle stesse. Certamente, vi possono essere margini di miglioramento e di ottimizzazione, la cui discussione è vista con favore anche dal mondo dei professionisti, ma appare inaccettabile ed anacronistico chiedere di ridurne l’ambito applicativo proprio nella tipologia di rapporti giuridici nei quali più se ne avvertiva il bisogno. Il sistema imprenditoriale italiano ha certamente molte sfide da affrontare, ma ci permettiamo di osservare che se il pagamento di un compenso equo ai professionisti – che con la qualità della loro prestazione aiutano le imprese a ben operare e il Paese a crescere in una logica di efficienza e sostenibilità – costituisce un costo tale da minarne la sopravvivenza, forse il problema non è nell’equo compenso.