Si modifichi la legge in materia di equo compenso, garantendone l’approvazione definitiva entro il termine della legislatura. La fine imminente della Legislatura, nel 2023, potrebbe vanificare i risultati ottenuti perché se al Senato fossero introdotte delle modifiche, potrebbe non esserci il tempo sufficiente per far tornare il ddl alla Camera per l’approvazione definitiva. La legge, in discussione in queste ore in Commissione Giustizia, reintroduce il principio di un compenso minimo inderogabile per i professionisti incaricati dai grandi committenti, ovvero dalle società con fatturato pari o superiore a 10 milioni, e dalla Pubblica amministrazione. Ed è un principio per noi inderogabile.
Certo è che il testo è pieno di lacune e di incongruenze, con un sistema a tratti paradossale: da una parte le Amministrazioni che chiedono prestazioni a titolo gratuito, giustificate dall’arricchimento del curriculum professionale; dall’altra i professionisti che, se accettassero, verrebbero colpiti dalle sanzioni. Il provvedimento prevede, infatti, una sanzione automatica a carico del professionista che decide di attivare l’azione giudiziale a tutela del suo diritto. Un inspiegabile rovesciamento dei ruoli, dove si punisce la vittima della condotta illegale. L’automatismo delle sanzioni, che di fatto rende l’equo compenso inesigibile, crea anche gravi lesioni della libera concorrenza. Perché questo potrebbe portare al fatto che alcuni operatori potranno liberamente negoziare il proprio compenso mentre altri non ne avranno la facoltà, trovandosi di fronte all’alternativa tra sanzione disciplinare ed espulsione dal mercato.
Le tempistiche per apportare le opportune correzioni al testo di legge rischiano però di non coincidere con la fine del prossimo anno e, quindi, di vanificare ciò che di buono è stato fatto finora. Sebbene il testo possa essere ancora migliorato, in particolar modo in riferimento ai limiti applicativi che oggi non tengono conto della tipicità del tessuto economico e imprenditoriale italiano, formato principalmente da piccole e micro imprese, dobbiamo evitare di vanificare il lungo percorso legislativo intrapreso finora, che ha permesso di portare all’attenzione del legislatore le istanze dei professionisti, rafforzandone le tutele, soprattutto nei confronti di clienti ritenuti “forti” e individuati in banche, assicurazioni, imprese medio-grandi, pubbliche amministrazioni e società a partecipazione pubblica. Il provvedimento oggi consentirebbe di garantire un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto, alle caratteristiche della prestazione professionale e conforme a parametri già previsti. Un primo passo verso la corretta remunerazione dei professionisti che non può essere cancellato”.