La giornata appena trascorsa avrebbe dovuto sancire il «redde rationem» sul destino del disegno di legge relativo all’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti, invece (a sorpresa) la conferenza dei capigruppo del Senato ha deciso di far slittare ogni decisione sul provvedimento al 6 settembre. Tuttavia, essendo già scattato il «liberi tutti» fra i partiti, in vista delle elezioni del 25 settembre prossimo, appare improbabile che, all’inizio del mese venturo, si scelga di portare in Aula, a palazzo Madama, per la votazione conclusiva il testo che, va ricordato, è nato dall’unificazione di iniziative normative di FdI, Lega, Fi e M5s. E, nelle settimane passate, pur col via libera nella Commissione Giustizia di palazzo Madama, sono rimaste intatte le resistenze di Ps e M5s, che intendevano effettuare dei correttivi (includendo, tra l’altro, nel perimetro delle tutele anche i professionisti non iscritti ad Ordini e Collegi).
La mancata intesa nella conferenza dei capigruppo del pomeriggio di ieri, inoltre, pare aver avviato verso il naufragio anche un altro provvedimento di cui buona parte della maggioranza che ha sostenuto il governo dimissionario di Mario Draghi aveva sollecitato l’approvazione «in extremis», ossia la delega fiscale. Per quel che concerne il disegno di legge sull’equo, nelle settimane passate, era trapelato un discreto ottimismo sulle chance di condurlo in porto: ad accendere le speranze erano state le parole della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati che, alla fine di luglio, aveva dato precise indicazioni su ciò che avrebbe caratterizzato i lavori parlamentari dello scorcio della XVIII Legislatura, precisando che l’attività legislativa sarebbe stata «limitata all’esame di atti dovuti, come disegni di legge di conversione e decreti legge ed atti urgenti connessi ad adempimenti internazionali e comunitari, come il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e a «eventuali disegni di legge, sui quali si registra ampio consenso». A quel punto, in particolare due formazioni di centrodestra, Lega e FdI, si erano adoperate per segnalare il testo sulla giusta remunerazione per le prestazioni dei professionisti ai propri capigruppo, affinché si cercasse di farlo votare in seconda lettura, in tempi rapidi.
La scelta della conferenza dei capigruppo di ieri pomeriggio di aggiornare la discussione fra una trentina di giorni è parsa, in realtà, una resa all’impossibilità di trovare un accordo tra le parti per «salvare» dall’oblio alcune iniziative legislative, in una fase di contrapposizione che sfocerà a breve nella partenza vera e propria della campagna elettorale, a seguito della presentazione delle liste dei candidati, nella seconda metà di agosto. Dal centrodestra, comunque, è trapelata la volontà di riprendere in mano il progetto di rafforzare l’equo compenso (introdotto nell’ordinamento nel 2017, ma non applicato a dovere, soprattutto dalla Pubblica amministrazione) nella prossima Legislatura. Rammaricato si è detto, infine, il presidente del Consiglio nazionale dei periti industriali Giovanni Esposito, secondo cui il disegno di legge era «atteso da oltre due milioni di professionisti». Ed avrebbe dovuto ricevere il via libera definitivo dal Parlamento.