Nel 2021 in Italia gli investimenti per l’efficienza energetica in ambito industriale hanno raggiunto i 2,2 miliardi di euro, in crescita cioè dell’8% rispetto all’anno precedente ma restano indietro ai livelli pre-pandemia. E soprattutto si focalizzano quasi totalmente (90%) per tecnologie hardware e solo in minima parte per soluzioni digitali e software. Sono alcuni dei risultati contenuti nel Digital energy efficiency report 2022 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. L’aumento più sensibile all’interno delle tecnologie hardware (+8,4% di investimenti in totale) riguarda la cogenerazione (+21%), seguita dall’illuminazione efficiente (+8%) che però è ancora ben lontana dal colmare il -21% registrato nel 2020 rispetto al 2019. Le soluzioni digitali, invece, sono cresciute appena del 4% e quasi la metà degli investimenti (74 milioni di euro, pari al 47%) ha riguardato i sistemi di raccolta e monitoraggio dei dati energetici di processo.
Gli stanziamenti del Pnrr potrebbero contribuire a invertire la rotta? “Purtroppo l’efficienza energetica nel comparto industriale è la Cenerentola del Piano nazionale di ripresa e resilienza – commenta Federico Frattini, vicedirettore dell’Energy&Strategy e responsabile dell’Osservatorio Deer – e i fondi che le sono stati destinati sono decisamente esigui rispetto a quelli indirizzati ad altri settori. Le motivazioni possono essere diverse: fattori di carattere strategico, come la scelta di incentivare maggiormente l’installazione di impianti da fonti di energia rinnovabile per andare incontro agli obiettivi di decarbonizzazione imposti dalle direttive europee; oppure fattori legati alle caratteristiche intrinseche del parco edilizio ad uso civile, che essendo più arretrato rispetto a quello industriale è oggetto della maggior parte dei fondi per la riqualificazione degli edifici. Tuttavia, il processo di digitalizzazione delle imprese gioca un ruolo fondamentale per raggiungere qualunque obiettivo nell’ambito della transizione ecologica e dunque l’attuale fase emergenziale, gli investimenti in chiave industriale saranno trainati dai fondi per il Piano Transizione 4.0”.
Intanto, però, occorre che il mercato ritorni almeno ai livelli precedenti la pandemia: ci sono i presupposti per una ripresa al 2024? “Non se la situazione resta così com’è – conclude Frattini – ma solo nel caso in cui le policy governative e le dinamiche di mercato, insieme, porteranno a una maggiore esigenza di intervenire sull’efficienza in ambito industriale a seguito dell’incremento dei prezzi dell’energia. È lo scenario più positivo, che abbiamo definito ‘policy and market driven’ e che potrebbe generare un mercato da 3,7 miliardi di euro”. Anche dal punto di vista delle emissioni di gas serra, lo scenario ‘policy and market driven’ è l’unico che avvicinerebbe il settore industriale italiano, al 2030, all’obiettivo di riduzione del 40% contenuto nel Pniec (non però a quello di -55% del pacchetto Fit for 55), ma la strada da percorrere per una decarbonizzazione consistente del comparto è ancora lunga.
Stando alla ricerca, le aziende sono spesso dotate di svariati sistemi di misurazione dei consumi energetici, ma ancora non hanno la consapevolezza del valore che si potrebbe estrarre dalla loro analisi e quindi non utilizzano questi approcci, annullando il vantaggio potenzialmente conseguibile. Sono i software provider o le Esco che, oltre a offrire soluzioni software in grado di esaminare in maniera strutturata i dati energetici raccolti sul campo, supportano il cliente nella loro interpretazione: nel settore industriale, vengono sfruttati principalmente per efficientare i processi (96% dei casi) e ottimizzare gli impianti (78%), ma sempre più aziende stanno cercando di individuare opportunità di riduzione delle emissioni di CO2 attraverso l’impiego dei dati raccolti.