L’occupazione indipendente, nello Stivale, soffre, però resiste
Pure alle prese, infatti, con emergenze quali il Covid-19 e «lo scenario geopolitico incerto, che rallenta le prospettive di sviluppo, si guarda al futuro».
È il messaggio lanciato dal presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, dal palco del Cnel, a Roma, dove la Confederazione ha presentato il suo rapporto annuale, curato dall’Osservatorio guidato dal professor Paolo Feltrin.
Gli impatti occupazionali della pandemia sul segmento «mostrano come, tra il 2018 e il 2021, si siano persi complessivamente, in questo comparto, 343.000 posti di lavoro (-7%)»: nello specifico, coloro che svolgono l’attività autonoma «registrano un calo di 296.000 unità (-10%) e gli altri lavoratori indipendenti di circa 29.000 (-6%)», mentre «i liberi professionisti diminuiscono di 24.000 unità, con una variazione negativa del 2% e in crescita risultano solo gli imprenditori (+2%)», recita il dossier. L’emergenza sanitaria incide molto sugli studi degli esponenti delle varie categorie, giacché si fa sentire soprattutto sui liberi professionisti con dipendenti, dove negli ultimi quattro anni si è rilevata una flessione di quasi il 13%, soprattutto nel Nord Ovest e nel Centro.
In questo ambito, tuttavia, si registrano saldi occupazionali sempre positivi tra i dipendenti degli studi: nel 2021 si contano oltre 41.000 attivazioni nette, contro le 29.000 nel 2019, grazie anche all’aumento dei contratti di lavoro stabili, passati da 38.607 a 46.333 negli ultimi tre anni. Ed è, chiarisce Confprofessioni, un dato che riflette la stabilizzazione del lavoro negli studi professionali, come confermato anche dai contratti di apprendistato.
Restano i divari di genere, nel tempo, visto che gli emolumenti delle donne sono più bassi, però la loro crescita numeri avanza pressoché in tutte le aree professionali, ma sono soprattutto i settori della sanità e dell’assistenza sociale quelli a maggior trazione femminile, mentre nelle professioni legali la parità di genere è un risultato assodato. Inoltre, il cosiddetto «gender balance» (l’equilibrio fra la componente maschile e quella femminile) dal rapporto appare decisamente più bilanciato tra le fasce più giovani, «nonostante la quota di donne tra i giovani professionisti scenda dal 48,5% del 2018 al 42,8%, segno che la recente crisi ha colpito duramente questo segmento». In generale, poi, la presenza professionale si scopre che varia molto a seconda delle regioni, giacché «nel Lazio quasi il 39% degli indipendenti svolge un’attività di tipo intellettuale, seguono nella classifica Lombardia (33,2%) e Campania (28,2%), mentre le percentuali più basse si riscontrano in Basilicata, Calabria e Molise, dove il contributo delle libere professioni sul complesso del lavoro indipendente è intorno al 20%».
Per Stella affiora dal documento la «volontà di affrontare mercati mutevoli» da parte del comparto autonomo, compiendo uno sforzo sul fronte della digitalizzazione. «La presenza delle libere professioni è l’indice predittivo della ricchezza del Paese», ha sottolineato.
A mettere in luce l’impegno nel «dare pari dignità al lavoro dipendente e a quello autonomo» il ministro del Lavoro Marina Calderone, partecipando alla presentazione del Rapporto di Confprofessioni, al Cnel, rammentando l’esperienza avviata con il tavolo sul lavoro autonomo al dicastero, a metà novembre, a cui sono presenti le rappresentanze delle varie categorie di occupati indipendenti, con «un percorso che ci accompagnerà, con scambio di esperienze e idee ed una collaborazione fattiva». La sfida, per la titolare del dicastero di via Veneto, «è far camminare insieme Ordini professionali, Casse di previdenza private e organizzazioni sindacali, per trovare insieme buone prassi», ha aggiunto.