Equo compenso, giovedì in Commissione al Senato previsto il voto sugli emendamenti
La settimana che ha appena aperto i battenti potrebbe rivelarsi quella decisiva per dare lo «sprint» verso la votazione definitiva al disegno di legge sull’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti: giovedì 9 marzo, infatti, in mattinata, è stata fissata una nuova seduta della Commissione Giustizia del Senato, chiamata ad esaminare le proposte di modifica al testo siglato da FdI e dalla Lega.
Nei giorni scorsi l’organismo di palazzo Madama non aveva potuto procedere al vaglio dei 33 emendamenti e dei 4 ordini del giorno, perché non erano ancora arrivati i pareri delle altre Commissioni; adesso, invece, con tutti gli approfondimenti necessari a disposizione, ha fatto sapere la relatrice del provvedimento, la senatrice leghista Erika Stefani, quella di giovedì potrebbe essere la giornata in cui ci si pronuncerà sulle iniziative correttive, per poi avviare il disegno di legge del centrodestra verso l’Aula.
La quasi totalità degli emendamenti provengono dalle opposizioni (buona parte è firmata dal Pd, qualcuno da Azione-Iv e da Alleanza Verdi-Sinistra), tranne i due proposti da un esponente della maggioranza, il senatore Antonio De Poli (Unione di Centro-Noi moderati), di cui uno è indirizzato a specificare che «si presumono equi i compensi che rispettano i principi sanciti dall’articolo 36 della Costituzione»; quanto, invece, alle intenzioni manifestate dal centrosinistra, «in primis» c’è quella di estendere il raggio d’azione della giusta remunerazione per i lavoratori autonomi, ritoccando le caratteristiche della committenza che dovrà osservare il principio del pagamento congruo per le prestazioni professionali: non più le imprese con oltre 50, bensì con 20 dipendenti, e con un fatturato più basso dei 10 milioni annui stabiliti dal disegno di legge del centrodestra, bensì con un «totale dell’attivo dello stato patrimoniale di 4 milioni».
Tre dei quattro ordini del giorno sono, invece, stati depositati dal senatore del Carroccio Manfredo Potenti, l’altro è, invece, firmato da nove rappresentanti di FdI (il primo è Gianni Berrino): quest’ultimo è diretto ad impegnare il governo di Giorgia Meloni, affinché possa «valutare l’opportunità di adottare successive iniziative legislative, finalizzate ad estendere ulteriormente la disciplina dell’equo compenso».
Accogliendo tale proposta, si andrebbe incontro alle istanze espresse da settimane dal mondo ordinistico, giacché nel documento che ProfessionItaliane, l’Adepp (l’Associazione delle Casse di previdenza private e privatizzate) e Confprofessioni (l’organismo che riunisce i sindacati di diverse categorie) hanno stilato, in occasione della convocazione del tavolo sul lavoro autonomo voluto dal ministro del Lavoro Marina Calderone, c’è la richiesta all’Esecutivo di ampliare, successivamente al via libera al provvedimento nei due rami del Parlamento, il perimetro della tutela. E andare, così, al di là dei committenti stabiliti nel testo originario: le imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie), nonché le aziende con più di 50 dipendenti, o con un fatturato di oltre 10 milioni di euro, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico al professionista.