La riunione del Trilogo UE dello scorso 12 ottobre segna il posticipo sulla direttiva case green a dicembre
Tanto rumore per (quasi) nulla? Così parrebbe, anche se in realtà il posticipo a dicembre delle decisioni finali – leggasi il varo definitivo – sulla direttiva per le case green da maggior libertà al privato cittadino ma anche maggiori responsabilità agli Stati europei in mano ai quali, a questo punto, passa la palla per la definizione di obiettivi a tempo (2030, 2035, 2050) propedeutici a raggiungere una certa percentuale di efficienza energetica globale.
Negoziato rimandato a dicembre
Questo è quello che è emerso dalla riunione del Trilogo UE dello scorso 12 ottobre, nella riunione fiume che però non ha portato ad un accordo sul precedente testo, quello cioè che la Commissione UE aveva varato nel mese di marzo e che prevedeva precisi obiettivi riferiti alle singole abitazioni.
Ma vediamo di fare chiarezza.
Prima: obiettivi specifici per case singole
Nel testo licenziato a marzo (che aveva ricevuto forti critiche da più parti, Italia in primis col ministro Pichetto scettico sulla possibilità di raggiungere i target), si prevede(va) che gli edifici residenziali debbano raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, la D entro il 2033.
Per gli edifici non residenziali invece e per quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).
Per prendere in considerazione le differenti situazioni di partenza in cui si trovano gli immobili in Italia, nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro.
Gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche (ad esempio, lavori di isolamento o rinnovo dell’impianto di riscaldamento) dovranno essere effettuati al momento dell’ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell’edificio.
In ogni caso, la direttiva licenziata a marzo non prevede sanzioni o multe per chi non rispetta le regole, demandando ai singoli Stati di decidere in tal senso.
Ora: si ragiona sul patrimonio edilizio nel complesso
Il concetto di base cambia: non più valutazioni sui singoli edifici (come visto sopra, classe E entro il 2030, classe D entro il 2033) ma ragionamenti sulla base del patrimonio edilizio nel suo complesso, sulla scia di una maggiore flessibilità come peraltro richiesto dal Consiglio europeo.
Saranno in ogni caso i singoli paesi a dover elaborare un piano entro il 2050 (con scadenze intermedie al 2030 e 20235) con target di riduzione dei consumi di energia, mentre l’armonizzazione delle certificazioni energetiche a livello UE è stata rimossa.
Gli Stati membri quindi saranno responsabili dell’efficientamento energetico generale del loro ‘parco-edifici’, magari puntando su alcuni mini obiettivi cadenzati nel tempo.
Mutui green, pannelli solari sugli edifici, APE armonizzato: i nodi da sciogliere
Altre problematiche da risolvere, e che non hanno ancora ricevuto il via libera dal Trilogo, sono inoltre quelle relative al meccanismo dei “mutui green” e all’obbligo di installazione dei pannelli solari sugli edifici pubblici e non residenziali.
A quanto anticipato dall’ANSA, inoltre, gli obblighi per l’installazione di colonnine di ricarica nei parcheggi per gli edifici residenziali esistenti sono stati stralciati dalla direttiva.
Stesso dicasi – pare – per il ‘temuto’ APE armonizzato a livello europeo, che non dovrebbe più far parte della direttiva case green finale, sulla quale comunque è meglio mantenersi cauti.