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Determinati e resilienti: la lezione degli studi di ingegneria e architettura nell’anno della grande crisi

da | 10 Mag 2022 | Professioni a confronto

La pandemia sembra non aver fermato l’attività degli studi tecnici. Secondo i dati elaborati dal Centro studi degli ingegneri, infatti, nell’anno della grande recessione il comparto con il maggiore incremento di volume d’affari risulti essere, proprio, quello delle “Attività degli studi di architettura e ingegneria -collaudi e analisi tecniche”. Si tratta infatti di un incremento del 45,7%, primo in assoluto, seguito dal +40,7% delle attività del comparto dei Servizi postali e attività di corriere.

Dalle dichiarazioni fiscali per l’anno di imposta 2020 relative a 4.155.357 contribuenti IVA emerge una flessione del volume d’affari del 10,23%, congruente con la flessione del Pil di quasi il 9%. Tale decremento corrisponde sostanzialmente alla flessione di una parte abbastanza rilevante del sistema produttivo, rappresentato anche dal lavoro autonomo. Dai dati per l’anno di imposta 2020 emerge come su 22 settori produttivi in cui si distribuiscono i contribuenti con partita Iva solo 3 hanno registrato un incremento del volume d’affari. In particolare, le “Attività professionali, scientifiche e tecniche” hanno registrato un incremento del 2,9%, seguite dal comparto dei Servizi di informazione e comunicazione. Da tenere presente che parallelamente vi sono stati ambiti del lavoro autonomo in cui la flessione del volume d’affari, nel 2020, ha superato il 20%, come nel caso delle attività dei servizi turistici, di alloggio e ristorazione.

E’ importante rilevare che gli stessi analisti del Mef sottolineano che la crescita del volume d’affari degli studi di ingegneria e architettura potrebbe essere connessa all’avvio di misure straordinarie per il recupero e l’efficientamento del patrimonio edilizio, in particolare attraverso il cosiddetto Superbonus 110%. Ciò sicuramente è vero, sebbene nel 2020 queste misure, varate a luglio, hanno iniziato solo in modo marginale ad attivare nuovi investimenti; come è noto, il vero effetto espansivo di tali misure si è innescato nel secondo trimestre del 2021.

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E’ molto probabile che la crescita consistente rilevata attraverso le dichiarazioni fiscali sia stata il frutto di almeno due fattori concomitanti: da un lato la diffusa propensione degli studi professionali a riprendere piccoli e grandi lavori in sospeso subito dopo il primo lockdown ed a cercare nuove commesse anche in ambito pubblico grazie alla forte ripresa dei bandi di gara. Dall’altro lato, come detto, l’effetto annuncio e poi l’avvio delle prime progettazioni con Superbonus 110% a novembre e dicembre 2020, sebbene in numero ridotto, sono state prerogativa degli studi di Ingegneria e architettura, sufficienti a contribuire in un breve arco temporale all’eccezionale spinta in avanti, con la crescita di oltre il 40%.

Il particolare effetto espansivo che ha caratterizzato, in un periodo di marcata stagnazione, il settore degli studi professionali al di là dell’entità effettiva dei numeri, spinge ad alcune considerazioni. Pur nelle difficoltà il comparto SIA, ovvero dei servizi di Ingegneria ed architettura, ha mostrato un’interessante capacità di reazione, utilizzando fino in fondo tutti gli strumenti a disposizione per tamponare una situazione che nella prima parte dell’anno 2020 era apparsa improvvisamente drammatica. Già a maggio (nel pieno della pandemia) e a settembre 2020 due rilevazioni del Centro Studi CNI sugli iscritti all’Albo identificava un diffuso senso di disorientamento tra gli studi di ingegneria e un altrettanto diffuso atteggiamento proattivo tra i professionisti, tesi ad approfittare del lockdown per proporre nuove commesse e prepararsi a gare indette dalle pubbliche amministrazioni.

Un secondo aspetto rilevante è che la crisi e le norme di contrasto alla recessione, elaborate nel 2020, hanno indubbiamente rimesso al centro del dibattito e dell’attenzione dell’opinione pubblica i temi dell’efficientamento energetico degli edifici, della loro messa in sicurezza in chiave antisismica, del recupero e del risanamento del patrimonio edilizio e della rigenerazione urbana. E’ certo che già a settembre del 2020 per molti studi professionali, la domanda di consulenze e progettazione ha subito una certa accelerazione, come risulta dalle indagini condotte in quel periodo dal Centro Studi CNI. Questo significa che il settore dell’ingegneria e architettura ha rappresentato per molti versi una sorta di “puntello”, seppure di dimensioni limitate, evitando che la crisi fosse ancora più profonda.

Un sistema composto da molti studi professionali di ridotte dimensioni ha potuto fare leva su un rilevante capitale di competenze migliorando il proprio posizionamento, mentre il resto del mercato registrava una marcata flessione. Flessibilità, adattabilità alle situazioni, ricerca di nuovi clienti hanno, forse inaspettatamente, rivelato un volto nuovo degli studi di Ingegneria architettura, una lezione di “resilienza” con molti aspetti interessanti.

“La crescita delle attività degli studi di ingegneria e architettura in un anno drammatico come il 2020, così come emerge dai dati del Ministero delle Finanze – afferma Armando Zambrano, Presidente CNI – restituisce l’immagine di un comparto nel quale molti professionisti hanno potuto fare affidamento solo sulle proprie competenze cercando in tutti i modi di ricavarsi nuove nicchie di mercato. Non perdere tempo subito dopo la fase più acuta della crisi è stato, a nostro avviso, ciò che ha contributo in massima parte ai risultati certificati attraverso le dichiarazioni fiscali. I Superbonus hanno inoltre sospinto l’effetto crescita e questo conferma l’importanza di politiche di questo tipo, che hanno attivato un processo espansivo necessario al Paese in una fase drammatica, nonostante il Governo oggi esprima un’opinione diversa che noi rispettiamo, ma su cui chiediamo un confronto. Proprio i dati del Mef dimostrano che se i provvedimenti sul recupero del patrimonio edilizio non ci fossero stati, la fase recessiva sarebbe stata peggiore di quello che si è rivelata. Questo dovrebbe almeno far pensare quanto meno a rimodulare l’operatività dei Superbonus dopo il 2025.”

 

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