L’arrivo della pandemia da Covid-19 ha ridotto (anche) la quota dei liberi professionisti che figurano negli elenchi degli Ordini e dei Collegi delle varie categorie regolamentate, nel nostro Paese, che pure hanno superato l’asticella di 1 milione 430.000 unità, con un aggregato che rappresenta, al 31 dicembre del 2020 «il 6,3% degli occupati in Italia e il 27,1% del complesso del lavoro indipendente». E, allargando lo sguardo all’ambito comunitario, si scopre come, nel periodo 2009-2020, il loro numero, in Europa, sia passato dai 4 milioni e 400.000 agli oltre 5 milioni e 500.000, con un tasso di crescita medio-generale (nella fase che va dal 2009 al 2019) del 24,7%, laddove la dinamica positiva riguarda tutti i paesi del Vecchio Continente, «seppure con intensità molto diverse» (forte, ad esempio, il progresso in nazioni come Francia e Polonia, minore, invece, salendo nel Nord, in Svezia). È quanto si legge nel VI Rapporto di Confprofessioni, che viene presentato oggi pomeriggio, a Roma, nella sede del Cnel, dal presidente Gaetano Stella, alla presenza di vari esponenti del mondo istituzionale e politico; l’Italia, si legge, «è il paese che conta il maggior numero di liberi professionisti e quello con la maggiore incidenza di professionisti sugli occupati: con 52 liberi ogni 1.000 occupati, infatti, vanta un tasso di presenza della libera professione più che doppio rispetto a quello che si registra in Germania (22 ogni 1.000 occupati) e in Spagna (26 ogni 1.000 occupati al 2020) e nettamente superiore a quello della Francia (31 liberi professionisti ogni 1.000 occupati)».
L’analisi congiunturale dell’occupazione indipendente, viene puntualizzato nello studio che è stato realizzato grazie al lavoro del professor Paolo Feltrin, «mostra come tra il 2019 e il 2020 si siano persi in questo comparto 154.000 posti di lavoro (-2,9%)» nello Stivale. La geografia della crisi da Coronavirus, poi, permette di osservare come «le regioni che hanno subito il calo più forte dal 2019 al 2020 siano la Valle d’Aosta (-20,7%), la Calabria (-10,6%) e il Friuli Venezia Giulia (-9,2%) ma vi sono alcune regioni in cui il numero di liberi professionisti cresce anche nella congiuntura segnata dal Covid-19: ad eccezione del Trentino Alto Adige, la crescita riguarda esclusivamente regioni del Centro-Sud (Sardegna, Basilicata, Sicilia, Abruzzo, Puglia e Lazio), meno colpite dagli effetti della pandemia».
Dal 2017 in avanti, inoltre, «i redditi medi delle professioni ordinistiche riprendono a salire, stabilizzandosi al 2018-2019 sui 35.500 euro, valore comunque inferiore a quello che si registrava nel 2010 (pari a circa 37.300 euro)». L’analisi di Confprofessioni, infine, mette in risalto l’avanzata delle entrate di alcune categorie, tra cui quella dei periti industriali: nel periodo che va dal 2009 al 2019, si legge nell’analisi basata sui dati delle Casse previdenziali private, tra cui l’Eppi, il progresso delle entrate dei periti industriali è stato pari al 13,7%.