I numeri nel report del Consiglio nazionale ingegneri. Negli ultimi 20 anni spesi 6,6 miliardi
La lotta al dissesto idrogeologico presenta un conto salato, visto che servirebbero oltre 26 miliardi di euro per finanziare gli interventi necessari. Negli ultimi vent’anni sono stati spesi più di 6 miliardi in oltre 6 mila interventi. Positivo, da questo punto di vista, l’impegno preso sia con il piano Proteggi Italia sia con il Pnrr, che porteranno a svariati miliardi di progetti da qui al 2030. È l’analisi realizzata dal Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, che il 29 maggio ha pubblicato una scheda tecnica sul dissesto idrogeologico.
“Negli ultimi 20 anni”, si legge nel report, “la spesa per interventi è stata pari a 6,6 miliardi di euro, per un totale di 6.063 interventi ed un valore medio di poco superiore a 300 milioni di euro. Si stima, dai diversi dati disponibili, che per innalzare in modo “efficace” il livello di sicurezza contro i rischi sempre più imminenti, servirebbero ancora 8.000 opere di prevenzione per una spesa poco inferiore a 27 miliardi di euro”. La scheda tecnica, poi, analizza i futuri investimenti sul campo, partendo dal Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico Proteggi Italia, che “prevede per il periodo compreso tra il 2019 ed il 2030 stanziamenti per 14,3 miliardi di euro, parte dei quali destinati a opere emergenziali connesse ad eventi calamitosi, interventi di messa in sicurezza dei territori ed infrastrutture, interventi per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico”. A queste risorse si aggiungono quelle messe a disposizione dal Pnrr, pari a 2,4 miliardi di euro per “Misure per la gestione del rischio alluvionale e per la riduzione del rischio idrogeologico” nell’ambito della Missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”.
L’analisi degli ingegneri, quindi, si concentra più su altri aspetti che sulla mancanza di risorse, almeno nel breve-medio periodo. Per prima cosa, “bisogna tener conto che il fronte del rischio e del dissesto è talmente diffuso nel territorio che servirebbe un’opera continua e capillare di intervento che rileva dei limiti oggettivi”. A questo si aggiungono altre difficoltà legate alla programmazione. La durata media totale delle opere, ad esempio, è di 4,8 anni. Quasi la metà di questo tempo va via nelle pratiche amministrative e nei cosiddetti tempi morti. C’è poi il tema del consumo del suolo che fa sì che il problema della impermeabilizzazione del terreno in Italia non accenna a diminuire. “Del resto in Italia la copertura artificiale del suolo è al 7,13% della superficie totale a fronte di una media del 4% in Europa”, fanno sapere ancora gli ingegneri.