Via libera pressoché unanime, nella serata di ieri, da parte dell’Aula della Camera, alla proposta di legge di FdI, Lega e Fi sull’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti (iscritti ad Ordini e Collegi e riuniti in associazioni): i voti a favore sono stati 251, nessun contrario e 9 gli astenuti (si tratta dei deputati di Leu, che hanno auspicato miglioramenti sul testo, che è passato all’esame del Senato). Le tutele per i lavoratori autonomi alle prese con la clientela, dunque, si innalzano, tuttavia, per far licenziare il provvedimento in tempi stretti, il centrodestra ha dovuto stralciare alcune parti, perché ancora prive di adeguata copertura finanziaria; seguendo le indicazioni della Commissione Bilancio di Montecitorio, i promotori hanno deciso di eliminare il riferimento oltre che «alle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica», agli agenti della riscossione, che genererebbe «oneri estremamente gravosi per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, a causa di un maggiore esborso, a titolo di spese per la rappresentanza e la difesa in giudizio, quantificato in 150 milioni annui», recitava il parere parlamentare sulla base di quanto segnalato dal ministero dell’Economia.
Con un ordine del giorno è stato chiesto l’impegno del governo a sovvenzionare l’impianto dell’iniziativa con la prossima Legge di Bilancio, e tra le formazioni che hanno sostenuto la pdl, la Lega ha evidenziato d’aver «più volte sollecitato l’attenzione e il coinvolgimento da parte della politica e delle istituzioni verso il mondo eterogeneo delle professioni, che rappresentano una grande forza motrice della nostra società sia dal punto di vista intellettuale che operativo».
Il testo approvato considera equa la remunerazione che rispetta specifici parametri ministeriali, ampliandola, come accennato, sia a coloro che esercitano professioni non ordinistiche, sia per quanto riguarda la committenza, che viene estesa anche a tutte le imprese che impiegano più di 50 dipendenti o fatturano più di 10 milioni di euro. Si prevede la nullità delle clausole che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri, rimettendo al giudice il compito di rideterminare il compenso iniquo ed eventualmente di condannare l’impresa al pagamento di un indennizzo in favore del professionista. Gli Ordini e i Collegi professionali dovranno adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull’equo compenso ed il parere di congruità del compenso emesso dall’Ordine o dal Collegio professionale acquisterà l’efficacia di titolo esecutivo. Nell’istituire presso il ministero della Giustizia l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso, il testo approvato a Montecitorio prevede, infine, una disposizione transitoria che estende l’ambito di applicazione della nuova disciplina alle convenzioni in corso, ancorché sottoscritte prima della riforma, si precisa.