Il governo Meloni affronta le sfide (e pensa anche alla Nadef)
Calmierare i prezzi energetici (impennati a causa del conflitto fra Russia ed Ucraina scoppiato a febbraio) è una delle priorità del governo di Giorgia Meloni, per stessa ammissione del presidente del Consiglio: «I costi delle bollette sono diventati insostenibili per milioni di famiglie e per molte imprese, giunte ormai a drammatiche decisioni come chiudere, o licenziare i propri lavoratori», perciò l’Esecutivo «è al lavoro per rafforzare le misure nazionali a sostegno di cittadini e attività» per «fare fronte a questa difficile situazione», ha sottolineato nello scorso fine settimana, precisando che urge «mettere un argine al «caro-energia» e alla speculazione, accelerare in ogni modo la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e la produzione nazionale. Gli italiani chiedono risposte immediate e noi gliele daremo. Non c’è più tempo da perdere», sono state le parole della nuova inquilina di Palazzo Chigi.
E, dunque, la caccia alle risorse è scattata, in una settimana, questa, che si apre con un primo Consiglio dei ministri nel quale verranno nominati i viceministri ed i sottosegretari (per completare la squadra di governo) e si concluderà, presumibilmente, con un altro, entro la prossima domenica, dedicato all’integrazione della Nadef (Nota di aggiornamento di economia e finanza), aggiornando in tal mondo il quadro programmatico lasciato in eredità dall’ex premier Mario Draghi.
Un compito che si preannuncia non agevole, perché il rientro dal deficit resta sempre all’attenzione di Bruxelles che, tra poco più di un anno, si appresta a modificare e a ripiantare» i paletti delle regole di bilancio interrotte per la pandemia da Covid-19; nella giornata appena trascorsa, peraltro, è giunta una «doccia fredda» da Berlino che, oltre a dire «niet» al debito comune per l’emergenza gas, puntualizza attraverso il ministro delle Finanze, Christian Lindner un’altra posizione contraria all’ipotesi del rientro del debito da negoziare bilateralmente, prevista dalla riforma del Patto di stabilità. La credibilità del Patto deriva dal fatto che «le regole devono essere applicate da tutti, allo stesso modo», ha, infatti, affermato l’esponente della Germania.
Nel frattempo, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini sta tentando lo «sprint» sui cantieri, a cominciare da quello che sta causando discussioni (e divisioni) da decenni: il Ponte sullo Stretto di Messina per congiungere Calabria e Sicilia. Il leader leghista ne parlerà martedì 8 novembre con i presidenti delle due regioni meridionali, Roberto Occhiuto e Renato Schifani, tuttavia si apprende che l’incontro servirà anche a fare il punto sulle «100 opere pubbliche commissariate in tutta Italia» per «accelerare» e partire con «nuovi progetti».
SuperBonus 110%
E, mentre avanza il «tam tam» sul «restyling» del Reddito di cittadinanza, c’è un’altra «punta di diamante» dell’azione del M5S (e dell’ex capo del governo Giuseppe Conte) che finisce nel mirino dei nuovi vertici dell’Esecutivo: il Superbonus 110%. A giudizio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, infatti, l’incentivo per l’efficientamento in edilizia (su cui i professionisti dell’area tecnica, fra cui i periti industriali, hanno concentrato buona parte delle loro attività e sforzi, nell’ultimo biennio ed oltre) «merita una riconsiderazione di carattere generale e lo merita soprattutto per gli effetti negativi che ha prodotto su questo territorio, distogliendo una parte dell’imprenditoria dall’essere attratta da questo tipo di lavoro», ha affermato ieri mattina, visitando la località umbra di Norcia, a margine della celebrazione del sesto anniversario del sisma. «Normative di carattere generale che possono essere condivise, o meno, si sono tradotte in ostacoli concreti data la specificità di questi territori», ha concluso Mantovano.