Con 230 articoli e un allegato, la bozza del Codice dei contratti pubblici arriva sul tavolo del nuovo Governo direttamente dai giudici di Palazzo Spada.
Il nuovo testo, suddiviso in cinque libri, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, dovrà essere approvato entro il 30 marzo 2023 e rientra nel quadro delle riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Semplificazione e digitalizzazione, con un occhio di riguardo in particolare alla sostenibilità sono le parole chiave del provvedimento il cui obiettivo prioritario è quello di adeguare la normativa italiana al diritto europeo Ma la dead line non sarà priva di ostacoli, lo schema di decreto inviato al nuovo Governo e al Ministero delle Infrastrutture, infatti, dovrà essere vagliato dalla conferenza Stato regioni, a cui è richiesto di esprimere il suo parere entro 30 giorni prima di approdare in via definitiva al Consiglio dei ministri.
Quello che è certo è la forte spinta su alcuni principi: il miglior rapporto qualità-prezzo dell’opera, procedure che dovranno essere sempre più rapide la digitalizzazione e soprattutto un sistema di regole e di responsabilità definite. La digitalizzazione sarà portata avanti attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (ANAC), il Fascicolo virtuale dell’operatore economico e i sistemi dinamici di acquisizione.
Un capitolo intero è dedicato al tema dei prezzi. Si prevede, infatti, che nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento sia obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi che non debbano alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro. Le clausole si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta, che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione rispetto a determinate soglie non ancora indicate. Viene reintrodotto dunque l’appalto integrato progettazione-esecuzione lavori, vietato dal vecchio Codice. Il testo specifica che “negli appalti di lavori complessi, con la decisione di contrarre, la stazione appaltante o l’ente concedente, se qualificata, può stabilire che il contratto abbia per oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato”.
Tale facoltà non può essere esercitata per gli appalti di opere con valore inferiore a una cifra ancora da definire, indipendentemente dal loro valore, di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.
La qualificazione per la progettazione comprende anche l’uso di metodi e strumenti digitali per la gestione informativa mediante modellazione, cioè BIM.
L’offerta è valutata con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo e ha per oggetto sia il progetto esecutivo che il prezzo, e indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori.
“L’obiettivo della riforma” ha spiegato in una nota il neo eletto ministro Matteo Salvini che fa sapere di essere già al lavoro sul dossier, “è semplificare, velocizzare e modernizzare il sistema degli appalti per ridurre ritardi e burocrazia, per aiutare le imprese a lavorare di più e meglio”. Al tavolo del confronto, oltre al Ministro, anche il presidente di sezione del Consiglio di Stato Luigi Carbone (che, su incarico del presidente Franco Frattini, ha coordinato i lavori della Commissione sul nuovo Codice degli Appalti), il capo di gabinetto Alfredo Storto, il senatore e già viceministro Alessandro Morelli e il deputato Edoardo Rixi.