Appalti: l’iscrizione nel registro degli indagati non è più causa di esclusione

da | 20 Set 2023 | Costruzione, ambiente e territorio

Appalti

Ci sono alcune differenze molto importanti (e impattanti) tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ Codice Appalti: una di queste è stata affrontata di recente dall’ANAC delibera 397-2023 del 6 settembre e riguarda le cause di esclusione dagli Appalti, nello specifico, se prima bastava la semplice iscrizione nel registro degli indagati, ora, con l’avvento del d.lgs. 36/2023, non è più così.

Esclusione dagli appalti e iscrizione nel registro degli indagati: come è cambiata la regola

Secondo i dettami del nuovo Codice, infatti, la mera iscrizione nel registro degli indagati non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito. Pertanto non comporta più l’esclusione dalle gare d’appalto.

Il caso

Tutto nasce dalla richiesta di parere di un comune siciliano, riguardo i requisiti di ordine generale per l’affidamento di contratti pubblici con particolare riferimento all’illecito professionale grave.

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L’ANAC ‘prende spunto’ per fornire in tal senso indicazioni specifiche sulle cause di esclusione dalle gare d’appalto, sulla base di quanto disposto dal decreto legislativo 36/2023.

I primi rilievi

Secondo quanto dettato dal d.lgs. 50/2016 in tema di grave illecito professionale, sulla questione dell’incidenza di precedenti penali a carico dei concorrenti di una gara d’appalto, l’ANAC ricorda di aver fornito indicazioni in numerose pronunce, affermando, in primo luogo, che i requisiti generali di moralità richiesti dall’ordinamento ai fini della partecipazione alle gare per l’affidamento degli appalti pubblici e della stipula dei relativi contratti, sono elencati nell’art. 80 del d.lgs. 50/2016.

Tale disposizione indica, al comma 1, i reati che incidono sulla moralità del concorrente, facendo espresso riferimento, ai fini dell’esclusione automatica dalla gara, alla sentenza definitiva di condanna o al decreto penale o alla sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. per uno dei predetti reati.

Può però formare oggetto di valutazione, da parte della stazione appaltante, come grave illecito professionale ex art. 80, comma 5 del Codice, anche la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società, o anche il caso in cui il legale rappresentante o socio di maggioranza della società aggiudicataria sia destinatario di una misura cautelare interdittiva (delibera n. 146/2022; n. 1050/2020).

Tali circostanze, astrattamente integranti fattispecie di “grave illecito professionale” in capo all’operatore economico, devono formare oggetto di valutazione in concreto da parte della stazione appaltante.

Le differenze tra vecchio e nuovo Codice

L’ANAC prosegue la disamina individuando quindi le differenze tra la disciplina in tema di illecito professionale grave dettata dal d.lgs. 50/2016 e quella introdotta dal Codice Appalti del 2023 (art.98 d.lgs. 36/2023), entrato in vigore lo scorso 1° luglio.

Tra gli aspetti di maggior rilievo del nuovo Codice, infatti, si evidenzia la tipizzazione delle fattispecie costituenti grave illecito professionale (limitato, sotto il profilo penale ai reati di cui alle lettere g) ed h) del comma 3 dell’art. 98) e dei mezzi di prova utili per la valutazione della sussistenza dell’illecito stesso, superando in tal modo l’impostazione precedente che consentiva di valutare ogni condotta penalmente rilevante idonea ad incidere sulla affidabilità e sull’integrità della impresa concorrente.

Nello specifico, spiega l’ANAC, tra gli adeguati mezzi di prova, l’art. 98, comma 6, lett. g), mentre cita espressamente (oltre ai provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, alle sentenze di condanna non definitive, al decreto penale di condanna non irrevocabile) gli atti di cui all’art. 407-bis, comma 1, c.p.p., ossia gli atti con i quali il pubblico ministero esercita l’azione penale, non indica anche l’iscrizione nel registro degli indagati di cui all’art. 335 c.p.p.

La predetta disposizione, prevede quindi che l’iscrizione nel registro degli indagati “da sola” non può determinare effetti pregiudizievoli (anche di natura amministrativa) per l’indagato.

Quindi, con le nuove regole, la semplice iscrizione nel registro degli indagati perde rilevanza, probabilmente per esigenze di coordinamento del Codice Appalti con la riforma recata 150/2022 che ha introdotto (tra l’altro) nel codice di procedura penale la nuova disposizione dell’art. 335-bis, che così recita: «La mera iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito».

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