Adepp, più professioniste iscritte alle Casse, ma il «gap» reddituale persiste
La libera professione, nello Stivale, si va tingendo (gradualmente) sempre più di «rosa»: si è, infatti, in presenza di un «costante processo di femminilizzazione», giacché, nel periodo 2007-2021, la percentuale di iscritte alle Casse di previdenza private e privatizzare «è cresciuta notevolmente, passando dal 30 al 42% del totale, ma con grosse differenze per fasce d’età, con la conseguenza che l’età media delle donne professioniste è di circa 45 anni, contro i 50 degli uomini».
E, tra gli under40, le donne sono circa il 54%, percentuale che decresce con l’aumentare dell’età. È quel che affiora dalla lettura di un’indagine che ha coinvolto 16 Enti pensionistici e circa 107.000 associati, di cui 45.000 donne e 62.000 uomini, che rappresentano il 10% della totalità delle platee, su impulso dell’Adepp, l’Associazione degli Enti di previdenza privati, che mette in risalto pure l’aumentare dello svolgimento da parte delle donne anche di alcune professioni finora ritenute prettamente «maschili», come quelle dei geometri e i periti industriali.
Nel documento, illustrato stamani, a Roma, nel corso di un convegno promosso dallo stesso organismo nella sede dell’Enpam (l’Ente dei medici e degli odontoiatri), si precisa come le differenze reddituali uomo/donna «variano particolarmente in funzione del dato anagrafico, con una marcata crescita del «gap» nel periodo «maturo» della professione, rispetto a quelli di inizio attività», tuttavia, specificano i ricercatori, è doveroso evidenziare che l’analisi prende in considerazione il lavoro delle libere professioniste senza distinguere tra le diverse categorie, «con la conseguenza che le risultanze sono di carattere generale, mentre assumerebbero ben maggiore significatività, se si procedesse ad un esame per singola attività professionale».
Ma quali sono le dimensioni del divario fra i guadagni conseguiti? Il reddito delle professioniste dai 30 anni in giù, si legge, è «circa il 20% in meno, rispetto a quello dei colleghi uomini»: per questi ultimi, infatti, la media delle entrate è di 15.129 euro, mentre per le donne è di 12.102. E, nella fascia anagrafica che si distingue per i maggiori guadagni – quella fra i 50 ed i 60 anni – a fronte di una media generale di 47.291 euro per entrambi i sessi, gli uomini arrivano a quasi 54.800 euro, la componente femminile si ferma a poco più di 32.000.
Un fenomeno su cui si sono soffermati questa mattina i relatori dell’iniziativa dell’Adepp, poi, è quello della permanenza in studio (o nei cantieri) del segmento «rosa» dell’occupazione indipendente: stando agli esiti della ricerca, infatti, le donne che si impegnano in un lavoro autonomo «dichiarano sì un reddito inferiore, rispetto a quello degli uomini», però dedicano, comunque, meno ore all’attività professionale: a fronte del 59% della componente maschile che resta al lavoro più di 8 ore al giorno, le professioniste si fermano al 40%. «Non è vero, tuttavia, che le donne lavorano meno.
Le donne possono dedicare meno tempo all’attività professionale», ha voluto precisare la vicepresidente dell’Associazione delle Casse Tiziana Stallone, cui si è aggiunta l’osservazione della presidente dell’Inpgi (l’Istituto previdenziale dei giornalisti liberi professionisti, visto che la componente dipendente della categoria è confluita lo scorso anno nell’Inps) Marina Macelloni, sui motivi, «scontati», del fenomeno, legato alla cura familiare.